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007: Spectre

Regia di Sam Mendes vedi scheda film

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La recensione su 007: Spectre

di Database
4 stelle

“La Metro Goldwyn Mayer, la Warner Bros , Obama, Papa Francesco e l’umanità tutta si raccomandano che nelle vostre recensioni, nei vostri post su Facebook, nei vostri tweet, nelle chiacchiere in famiglia e possibilmente nei vostri stessi pensieri non venga rivelato nulla della trama che rovini la sorpresa”

 

Léa Seydoux, Daniel Craig

007: Spectre (2015): Léa Seydoux, Daniel Craig

 

Si apre con questo comunicato, letto al pubblico professionale presente all’anteprima stampa milanese dell’ultimo Bond, che ha inizio la proiezione di 007: SPECTRE, il nuovo James Bond: il secondo diretto da Mendes, dopo Skyfall, e - si dice - l’ultimo con Daniel Craig.

Ok, staremo ai patti. Ma il fatto è che l’annuncio pare immotivato: non c’è veramente nulla (tranne un dettaglio) che rovinerebbe chissà quale sorpresa. E se loro pensavano davvero a *quello* (e non vi dico cosa…), beh, non fa francamente nessun effetto e se pensano che sia un colpo di scena allora agli studios hanno perso la misura di cosa sia un colpo di scena.

 

Perché in verità il problema è proprio questo: non ci sono sorprese nel nuovo 007. Per ben 140 minuti assistiamo a un film che è come un rito, questa volta celebrato nel modo più classico possibile. Lo leggerete un po’ ovunque: il Bond di Spectre torna - dopo l’amaro, introspettivo e cupo Skyfall - alle origini. Tornano i cliché amati: lo smoking, le donne, la Aston Martin, gli inseguimenti, le “scene”.

Tutto girato come si deve: chi ha ancora dubbi su questo? Che tutto sia impeccabile - dal punto di vista dello spettacolo - è una sorta di minimo sindacale per un film di questa portata. Ma che lo spettacolo, oltre che spettacolare, sia anche intrigante dipende da un quid che non sta nelle trovate, nel ritmo o nelle “scene”. Dipende da un’alchimia del film (e io penso e dico soprattutto anche dalla sceneggiatura) che può non esserci, anche quando si punta al meglio. E che questa volta a mio parere non c’è.

Intendiamoci: se Sanremo è Sanremo, anche Bond è Bond. Ci sarà comunque una gran parte del pubblico mondiale che apprezzerà la pietanza, ben farcita e ben accompagnata. Ma si tratta di una pietanza a uso e consumo delle grandi masse, dei grandi mercati che si sono aperti per il cinema di questo genere: la Cina e la Russia, in primis. A voler essere cattivi, è chiaro che il successo di Skyfall (1.1 bilioni di dollari, il doppio del precedente Quantum of Solace e il più ricco Bond di sempre) rappresentava per il film seguente una condizionale non da poco: l’obbligo è di pareggiare. O almeno di non sfigurare.

E così ecco i cliché ed ecco le location, il giro per il mondo in 80 scene, che ci porta da Città del Messico e Roma, dall’Austria a Tangeri e poi in Svizzera, nel Sahara e, naturalmente, a Londra. Riempiono gli occhi, soprattutto la scena iniziale: sicuro.

È però quest’alternarsi meccanico di situazioni pressoché identiche che fa assomigliare lo sviluppo del film a un videogame: viaggio, nuovo livello, incontro con il cattivo, combattimento, vittoria e passaggio al livello successivo. Non c’è francamente un momento in cui si pensi a qualcosa di trasversale, in cui si resti spiazzati: nemmeno quando il campione deve riuscire a scappare dalle situazioni più meravigliosamente, bondianamente, inverosimili (vedi nota al piede).

 

Probabilmente se siete tra gli estimatori di Bond, se siete devoti del rito, troverete un rispetto quasi filologico dello spirito dell’opera. Ma è proprio questo intento celebrativo che fa sembrare il film più uno show-reel delle features di un grande personaggio - che in fondo è più vicino al filone dei supereroi di quanto non lo sia a quello spionistico - che non un film che ci prova davvero, magari rischiando ma esplorando nuove possibilità del genere.

 

Quanto agli interpreti, Craig fa il suo lavoro, ci ha abituati alla sua fredda e stilosa rudezza, ma viene battuto in presenza da Christoph Waltz, che è un ottimo villain. Fiennes è opaco e non compete in nulla con Judi Dench nel ruolo di M, la Bellucci - nonostante qui in Italia se ne parli tanto - nel film ha a dir tanto 3 minuti e riesce perfettamente a fare la Bellucci, mentre Lea Seydoux ha lo charme di una giovane e florida cameriera di una bar molto trendy di Copenhagen: intendiamoci, potrei perdere la testa per una cameriera danese, ma io non sono Bond e la sua parte chiederebbe qualcosa di più epico.

 

Nota al piede

A proposito di non verosimiglianza: Bond è un supereroe a tutti gli effetti, e gli si passa tutto, Anzi, il bello è lì. Che esca da un’esplosione che provoca il crollo di più edifici surfando sulle macerie come un gatto o che insegua scivolando sulla neve due auto a bordo di un aereo impazzito senza ali va tutto sommato bene. Anzi il bello è lì (questa formula va ripetuta a voce alta come un mantra). 

Ma che la folla di Città del Messico, in festosa processione durante il Dia de los Muertos, non scappi dopo l’esplosione, tremenda, e continui a ballare come nulla fosse, qualcosa dentro di me fa fatica a concederelo e si ribella. Cosa devo fare? Qual’è la cura necessaria a sospendere questa mia stramaledetta parte razionale che li vorrebbe impanicati?

 

scena

007: Spectre (2015): scena

 

PS: ah quasi dimenticavo. Tutta la vicenda si svolge intorno al controllo delle informazioni. Ma la cosa non ha nessun risalto: si leggono di qua e di là discorsi sulla modernità della minaccia e i toni orwelliani. Per quanto mi riguarda e per l'economia del film i "cattivi" potevano anche progettare di distruggere l'umanità con delle fialette puzzolenti che sarebbe stato lo stesso.

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