Regia di Nikole Beckwith vedi scheda film
La storia di Stockholm, Pennsylvania rimanda in parte alla vicenda di Natalie Kampusch, la ragazza austriaca tenuta segregata per quasi dieci anni in uno scantinato. Il film della Beckwith non pone al centro della vicenda la prigionia stessa, quanto il ritorno a casa di Leanne. La ragazza ha avuto solo una figura di riferimento in tutta la sua vita ed ora si ritrova nella situazione di dover convivere con due persone che sono i suoi genitori naturali.
Nella prima parte ho trovato che l'intreccio indugia troppo su un accumulo di situazioni di continuo imbarazzo e disagio, dove da una parte c'è una madre che cerca di ricreare un legame ormai definitivamente spezzato con la figlia e la ragazza che rimane sostanzialmente indifferente a qualsiasi approccio perchè le due persone che si trova davanti sono poco più che due estranei con cui convivere sotto lo stesso tetto. La parte finale si tinge di leggere venature thriller quando la madre cercherà applicando la stessa metodologia del carceriere di Leanne vorrà imporsi ella stessa come unico referente della ragazza. Cancellare quindi la dipendenza della figlia dai ricordi del proprio carceriere, sostituendosi a quest'ultimo.
Il film non è male come intreccio, forte della presenza di due personaggi femminili ben sviluppati e dominanti sugli altri. Forse la figura del carceriere, interessante perchè lontana dal classico orco, poteva arricchire ulteriormente di particolari che rimangono un po' sospesi e non completamente spiegati sulla sua psicologia. Non vengono evidenziati particolari morbosi della prigionia, anzi viene fatto intendere il contrario, cioé la mancanza di morbosità del rapporto tra Leanne e Ben. La regia risente del format televisivo di destinazione, ma pur non essendo un film completamente riuscito, gli elementi positivi non mancano.
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