Regia di Susanna White vedi scheda film
Come gli appassionati di letteratura di spionaggio sapranno, tra John Le Carrè e Frederic Forsyth, è come parlare di Guelfi e Ghibellini: se il secondo è uno scrittore che ama il racconto dettagliato, specifica bene come funzionano certi meccanismi ed elenca con freddezza come un complotto possa esser ordito e sventato, con una visione del mondo disincantata, da conservatore moderato di destra, il primo è un autore che, sullo sfondo delle crudeltà degli scontri tra potenze, imbastisce storie di sentimenti e passioni, da uomo, nonostante tutto, ancora convinto che essere di sinistra serva a qualcosa. "Il traditore tipo" vede un professore universitario che, in vacanza in Marocco per recuperare il rapporto con la moglie, conosce un russo del giro della pericolosissima mafia moscovita, il quale lo tratta da amico, e gli chiede un favore che potrebbe salvare l'uomo e la propria famiglia. Coinvolto a livello di coscienza, l'inglese, con l'aiuto della moglie, in un giro sempre più rischioso, che da Marrakech porta a Londra, con puntata a Parigi, e finale sulle Alpi Francesi, contatta un pezzo grosso dell'MI6 per venire a capo di un inghippo miliardario, che vede implicati anche nomi di punta della crema economica della City. Sceneggiato dall'iraniano Hossein Amini, il film tratto dal romanzo pubblicato da Le Carrè nel 2010, è un buon thriller d'azione, con un crescendo ben costruito, che ha forse qualche relativo giro a vuoto, come il pezzo nella banlieue parigina, ma sottolinea la connessione del "pulito" mondo occidentale, e le ricchezze che circolano, con il sangue e la violenza perpetrata dal malaffare che alimenta parte dell'economia mondiale. Diretto con piglio deciso da Susanna White, perlopiù conosciuta per lavori televisivi, trova i migliori in scena nel russo non onesto, ma con un proprio codice interpretato da Stellan Skarsgard, e nel volutamente ambiguo, ma meno peggiore ci quanto possa sembrare, contatto dei Servizi Segreti interpretato dal Damian Lewis di "Homeland": e l'idealismo indomito di Le Carrè, affiora soprattutto in una conclusione che non ci sta, ad accettare il boccone amaro dell'inevitabilità del trionfo dei poteri forti.
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