Regia di Giorgia Cecere vedi scheda film
”Un posto bellissimo” è il luogo dove sentirsi finalmente realizzati e pieni di sé, consapevoli di stare vivendo per quello che si ama veramente e non più o solo lo spazio convenzionale che la vita spesso ci pone davanti come un percorso obbligato e, almeno apparentemente, premiante nell’ambito della quotidianità pettegola e curiosa della vita di una ricca ed intransigente città di provincia.
Lucia è una trentacinquenne che, almeno da quanto potrebbe apparire in superficie, ha già combattuto e lottato con successo per tracciare un percorso verso una meta sicura, un traguardo che la vede donna sposata, con una piccola attività commerciale nel centro cittadino di Asti, e un bel bambino a gratificare un matrimonio, se non felice, almeno in apparenza saldo, che la rende parte integrante di una bella coppia anche un po’ invidiata sulla piazza.
Il problema è che, guardandosi attorno, scavando in un passato che anche noi del pubblico impariamo ad intuire a sprazzi, senza che ci venga espressamente esplicitato, affiorano nella donna sempre più acutamente, incertezze, impulsi reazionari e motivazioni che la invogliano a fuggire da una routine preimpostata che non riesce più a farsi andare bene, reagendo per esempio alla gelida indifferenza della buona società nei confronti gli emarginati – un ragazzo immigrato in particolare - con comportamenti impulsivi ed originali che lasciano interdetti tutti coloro che la circondano.
Il desiderio di imparare a guidare l’automobile ed iscriversi ad una scuola guida inoltre, è solo uno dei risvolti più concreti di un magma interiore che dà segnali sempre più evidenti di voler manifestare nella donna tutta la sua intenzione di svoltare e farsi ascoltare.
La scoperta di una relazione adulterina del marito, non fa che accrescere l’ansia di fuga di Lucia: una traiettoria che la allontani dalla vita in cui è finita incastrata, riavvicinandola ad elementi più o meno tragici di un passato da far rivivere.
Isabella Ragonese ha l’ansia addosso che la fa fremere e che la rende credibile e potente, qui impegnata in una delle sue migliori interpretazioni di sempre: è lei la forza del film della pur brava Cecere; è lei per davvero la “Luna in piena” come quando, con voce rotta dall’emozione ma non per questo non intonata, canta l’omonima splendida ed impudica canzone di Nada, manifesto della donna che ama, desidera senza vergognarsi, e vive le proprie emozioni finalmente senza rimorsi, fregandosene delle ottuse convenzioni.
Di fronte ad un personaggio del genere ogni altro ruolo appare soccombente, collaterale, senza vita autonoma: anche il pur valido Alessio Boni, pertinente nel ruolo del marito piacente ed invidiato; in questo senso il film pare a tratti col fiato corto, almeno fin tanto che non torna a concentrarsi sul volto teso della sua intensa protagonista.
Ad ogni buon conto, Cecere + Ragonese si conferma una coppia solida e convincente: speriamo non ci vogliano altri cinque lunghi anni per una terza definitiva consacrazione di un binomio che dà buoni frutti, poco appariscenti forse, ma schietti e di buona sostanza.
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