Regia di Giorgia Cecere vedi scheda film
Moglie in Piena, Madre in Pieno, Donna in Luna Crescente.
Sorority Rulez, o: (T)WoMen / I:
.1. Giorgia Cecere (Lecce, Salento, 1961) e Isabella Ragonese (Palermo, Sicilia, 1981): “il Primo Incarico” ('10) e “In un Posto Bellissimo” ('15).
Bonus: “Sangue Vivo” ('00) e “il Miracolo” ('03) di Edoardo Winspeare (co-soggettista/sceneggiatrice).
.2. Laura Bispuri (Roma, 1977) e Alba Rohrwacher (Firenze, Toscana, 1979): “Vergine Giurata” e “Figlia Mia” .
Bonus: “Via del Pigneto”, “Passing Time”, “Salve Regina” e “Biondina”, “the Love Europe Project”: documentari, cortometraggi e film collettivi.
.3. Kelly Reichardt (Florida, 1964) e Michelle Williams (Montana, 1980): “Wendy and Lucy” ('08), “Meek's CutOff” ('10) e “Certain Women” ('16).
Bonus: “River of Grass” ('94), “Old Joy” ('06), “Night Moves” ('13) e “First Cow” ('19): senza Michelle Williams.
.4. Alice Rohrwacher (Firenze, Toscana, 1981) e Alba Rohrwacher: “le Meraviglie” ('14) e “Lazzaro Felice” ('18).
Bonus: “Corpo Celeste” ('11): senza Alba Rohrwacher.
Non lo faccio, quasi, mai, preferendo un altro tipo di approccio alla materia, più collaterale, però questa volta, trascrivendo qui le parole di un critico cinematografico, porto un'eccezione alla “regola”, perché la seguente frase sintetizza alla perfezione il mio pensiero su “In un Posto Bellissimo” di Giorgia Cecere, che con la sua opera seconda «anima una figura femminile opposta e speculare alla Nena del bellissimo “il Primo Incarico”: là una donna fiera scopriva la libertà dentro un matrimonio indesiderato, qui è un matrimonio felice a farsi incubatrice di un desiderio di diversa, più autentica, realizzazione.»
“Realizzazione”, emancipazione, crescita, presa di coscienza, che avviene riuscendo a dire addio all'amica della post-adolescenza e della prima età adulta (se qualcuno ha detto “FleaBag” è perché l’ha visto, gli altri muti vadano di filato a porre rimedio a questa loro imperdonabile mancanza), e poi, fresca di divorzio, presentandosi al mondo con la patente di guida e un'automobile nuova (“Fosse per me non mi fermerei, mai!”), e strappando una carezza, tra il collo e la nuca, al figlio, che ancora deve vedere, e abitare, la stanza dell'altra casa.
Come il precedente “il Primo Incarico”, la sua opera prima, “In un Posto Bellissimo” è scritto da Giorgia Cecere con PierPaolo Pirone (e la “collaborazione artistica” di Li Xiang-Yang), montato da AnnaLisa Forgione, ben musicato da Donatello Pisanello degli Officina Zoè (con le esecuzioni di Daniele Vitali al pianoforte), prodotto da Donatella Botti (Bianca Film) con Rai Cinema e Film Commission Torino Piemonte e distribuito da Teodora. Cambia il direttore della fotografia: qui è Claudio Cofrancesco (“Cuori Puri” e operatore alla macchina da presa per Moretti e Kechiche).
Ottimo comparto attoriale (le piccole incertezze, i minuscoli arranchi, le flebili discordanze, i microscopici inceppamenti sono da imputare al “girato” e al “girando” più che al montaggio e/o “scrittura di regìa”). Isabella Ragonese performa con la sua Lucia un one-woman-show che non omette ma toglie, leva, scarta ogni superfluo (e si esibisce in un dolce, scoperto, svergognatamente tenero e felice momento karaoke - ed è subito “Lost in Traslation” - cantando “Luna in Piena” di Nada Malanima).
Alessio Boni fa Alessio Boni: che je voi di’, bravo [il cinema - e la televisione - non l’hanno saputo valorizzare e malleare a dovere: il suo pezzo migliore rimane “la Meglio Gioventù”, mentre un personaggio compagno dell’Andrea qui interpretato (terrificante quando dice al figlio: “Tu ti attacchi troppo ai tuoi amici!”) è il padre di “Quando Sei Nato Non Puoi Più Nasconderti”, sempre di Giordana].
Una nota di merito a parte la merita l’eccezionale prestazione di Paolo Sassanelli (stessa schiatta di Giorgio Tirabassi, Marco Giallini e Thomas Trabacchi), che col suo Angelo (e le scene in auto durante le lezioni di scuola guida rimandano immediatamente, con i dovuti distinguo e prevalenza dell’understatement, a quelle messe in scena da Sally Hawkins ed Eddie Marsan nel piccolo capolavoro di Mike Leigh, “Happy Go Lucky”) caratterizza un personaggio che misura la vita cane su cane.
Chiudono il cast Piera Degli Esposti (la madre dell’amica deceduta), Feysal Abbaouy (il venditore ambulante e compratore di cose d’altre case), Tatiana Lepore (la socia/collega), Silvia DeGrandi (l’amante di Andrea), Teresa Acerbis e Massimo Maffei (i genitori di Lucia), Costanza Carafa (Paola, l’amica di Lucia) e Michele Griffo (Tommaso, il figlio di Lucia e Andrea), scelta coraggiosa del misundercast, tipo Jar Jar IpoNasale Binks.
60 anni diegetici e un lustro extra-diegetico dopo, passando dalla spola fra Salento e Gargano, Capitanata, Tavoliere e Lucania all'Astigiano, tra il MonFerrato e le Langhe, Cecere continua a raccontare il progredire (penso a “Orlando” di Sally Potter o “Palyndromes” di Todd Solondz), di una storia d'amore e di vita: come sarebbe bello se il prossimo film vedesse ancora il prosieguo di quest'avventura, non so, nel Polesine, nel Padule di Fucecchio o nella Bonifica Pontina, nel 2077.
Finale che adotta un espediente sui generis, ma classico, e financo letterario: dopo un'ora e quaranta minuti ad aver vissuto il film unicamente dal punto di vista della protagonista assoluta, ecco che Cecere l'abbandona per seguire il figlio che raggiunge il padre entrando nel vecchio appartamento, che or'appare - solo parvenza, ma sostanziale - un bel po' vuoto e spoglio, senza di lei: i due si scambiano un paio di battute, e le parole indispensabil ed essenziali nelle scarne linee di dialogo sono “mamma”, “fame” e “pasta”.
* * * ¾ - 7 ½
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