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Turista per caso

Regia di Lawrence Kasdan vedi scheda film

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La recensione su Turista per caso

di Lehava
6 stelle

Edward è un Welsh Corgi apparentemente remissimo e quieto. In verità, potenzialmente aggressivo ed alla disperata ricerca di un punto di riferimento, dopo la perdita dell'amato padroncino. Macon, padre del ragazzo scomparso, non può essergli di nessun aiuto. Naufragato in una vita che è buio totale, si aggira senza volontà propria scrivendo guide per viaggiatori che vorrebbero starsene a casa. "L'accidentalità" è una condanna: ha ucciso Ethan (capitato per caso nel posto sbagliato al momento sbagliato, colpito dalla pistola di un rapinatore di fast food) e separato inevitabilmente l'uomo dalla moglie Sarah; porta uomini d'affari votati alla poltrona in giro per un mondo che non vogliono vedere o conoscere; conduce Macon ed Edward in una pensione per animali dove incontrano una vitale e un po' squinternata addestratrice: Muriel. La vita è proprio strana: chi ha più bisogno di noi, spesso si rivela l'unica "guida" possibile, il faro nella tempesta, la roccia fragilissima a cui tenersi avvinghiati finchè il vento e le onde non si calmeranno. I ricordi possono ghiacciare in un presente senza tempo: non esiste più un prima (perchè i ricordi in fondo sono di ciò che non è stato. Quello che è stato è spesso solo angoscia) non si vede un dopo. Macon, il protagonista, vive in una casa da sempre uguale a sé stessa dove la sorella Rose impone un'ordine artificiale quanto rassicurante. Non una vera famiglia, solo un'accozzaglia di solitudini, dove la vitalità e la cocciutaggine del rumoroso e buffo Edward sono mal tollerate. Un piccolo morso ed il suggerimento è di liberarsene. Ma il protagonista, evidentemente, non può: è una delle poche certezze della sua vita: quel cane è ciò che resta, di ciò che è stato e che ora è solo angoscia, appunto. Si può stare alla deriva eppure, in qualche modo, ancora essere. Ed in fondo a sé, sperare in una qualche salvezza. Consapevole della necessità di una ri-educazione del cagnolino, Macon ricontatta Muriel. Ne nasce una sorta di relazione male-assortita, fra un uomo taciturno ferito ed incerto ed una donna che affronta la vita con una leggerezza sconcertante ed a tratti quasi "colpevole", tanto brava a guidare gli animali quanto, pare, bisognosa di un supporto per sé. Indubbiamente, per il protagonista, la sensazione di poter essere di un qualche "utilità" sia essa morale o economica, è una attrazione potente: Muriel ha un figlio, nato prematuro e con problematiche di salute varie; probabilmente non sufficientemente seguito e supportato. Eppure presente, dimesso ed ubbidiente. Gli equilibri precedenti sembrano potersi riassestare dolcemente formando un nuovo quadro: Edward trova una nuova "padrona", Macon il calore di un focolaio domestico, Muriel un appoggio, Rose un compagno per la vita. Ma è proprio a quel matrimonio che, elemento veramente estraneo e destabilizzante a questo mondo ricostruito, ricompare Sarah: la moglie del protagonista. Impossibile non sfuggire al fascino del ricordo, sperare che tutto possa essere ancora come era, ritrovare sapori ed odori familiari, un corpo che si è amato e che ha generato la vita per noi, la nostra vita. Macon è sedotto dall'idea del ritorno, ne è ciecamente ossessionato e ad esso si vota, si aggrappa. Con ostinazione. Inseguendo ciò che crede essere sogno, ed invece non è altro che incubo: l'incubo del passato. In un colloquio finale tanto intimo quanto franco con Sarah, il protagonista capirà alfine che la devozione può non richiedere il sacrificio estremo. Tornare a vivere, per chi è sopravvissuto, non è solo un diritto, ma anche un dovere. Diretto in uno stato di grazia da Lawrence Kasdan "Turista per caso" non è solo un viaggio sincero nella tragedia più inaccettabile: la morte di un figlio. Ma è anche una parabola sulla perdita di sé, nel dolore. E la lotta per ritornare a galla. La scrittura non lascia mai un tono lieve seppure meditabondo: i dialoghi, come i silenzi, sono calibrati. Le scelte tecniche (la fotografia ed il montaggio soprattutto) quasi dimesse. C'è una grande e pregevole attenzione all'equilibrio generale: anche nel tocco del regista, tanto più evidente quanto "a sottrarre" o meglio "a sottrarsi". Purtroppo, alcuni difetti incidono pesantemente sul valore complessivo. Il personaggio di Muriel ha una oggettiva difficoltà di caratterizzazione, rispetto a tutti gli altri: e Geena Davis certo non aiuta. Una interpretazione ben sotto la sufficienza la sua, sia nella presenza scenica (nei movimenti sia del corpo che del volto) che nella dissonanza di registri (come a dire, troppo o troppo poco rispetto alla storia e agli altri interpreti). William Hurt, negli anni ha sollevato in me più di qualche perplessità: la sua mimica, i suoi toni, sono sempre uguali a sé stessi. Non vedo diversificazione, evoluzione. E' questa una valutazione che esula l'opera in quanto tale, ne sono consapevole. Intellettualmente scorretta. Il suo Macon è comunque corretto. Però, non riesce a convincermi. Tra gli interpreti, alla fine, spicca una K. Turner di grande sensibilità: tanto morbida nella sua estetica composta, quanto rigida, persino dura in certi scontri verbali che scoprono punti di asperità nei "non detti". Bene anche i non-protagonisti. Un film che si riguarda sempre, sempre con partecipazione.

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