Regia di Noribumi Suzuki vedi scheda film
Terzo capitolo della serie “Girl Boss” (gli altri due sono molto difficili da reperire in occidente), “Sukeban gerira” è forse l’episodio più pacchiano dei metraggi orientali d’exploitation a sfondo rosa. Le turbolente vicissitudini girano attorno all’angelo della strada Sachiko (la sensuale Miki Sugimoto): scorrazzando sulle tangenziali giapponesi assieme alla sua gang, viene coinvolta in una rissa “on the road” un po’ clownesca per allontanare dei seccatori in motocicletta che cercano insistentemente di corteggiare le fanciulle con atteggiamenti prepotenti. Sistemati gli scocciatori Sachinko riflette sulla possibilità di raggiungere Kyoto. Il motivo: derubare i partecipanti di una manifestazione locale. Le apprensioni non tarderanno a giungere, in quanto il luogo è già controllato dalle Kyogoku, gruppo comandato dalla crudele Rika (Ryôko Ema). Scoppia una prevedibile baruffa tra le rivali finché interviene Nami (Reiko Ike), “vigilante anarchica" della metropoli dedita alla tutela del “codice d’onore” secondo il quale la vincitrice della volgare zuffa avrebbe dovuto concedere il controllo della zona all’avversaria. I guai però non finiscono qui, dato che Nami è la sorella di un membro della yakuza, un delinquente che ha tagliato i rapporti con la consanguinea dall'infanzia; l’organizzazione criminale è decisa ad esercitare il potere esigendo una percentuale sull’attività delle ragazze di Sachiko. Quest’ultima non vuole cedere all’esose richieste di denaro, e così si scatena un feroce conflitto. “Girl Boss Guerilla” mantiene tutto ciò che il filone promette: schiaffi, calci, frustate, pugni oscillanti, tirate di capelli e bastonate echeggiano nei vicoli del turpe background suburbano. C’è qualche scena in topless con bizzarri tatuaggi sui seni ma la componente erotica sembra essere messa in ombra da un’esposizione alquanto spiccata dell’impetuosità di una veemenza fisica e psicologica costantemente in fermento, la cui ostentazione non concede interruzioni di battuta. Non a caso il bolso canovaccio sentimentale del pugile innamorato di Sachiko non regge bene il contrasto con l’irriverenza furiosa intrinseca del resto dello show, risultando un tantino futile (e superflua altresì l'interferenza dell'amico hippie, che gli dedica una ballata), benché non si ponga come un intreccio soggetto a sfumature banalmente languide ed irritanti. Gli avanzi degli enfatici eventi sono ordinaria amministrazione della Toei, dal libidinoso voyerismo alla platealità delle situazioni, le quali rischiano frequentemente di sfociare nella rozza piattezza (mediocre il frangente dove i sicari del boss vogliono ferire Sachiko con la sega meccanica). Le lotte perciò sono sorrette da un'inflessione dal passo spedito, malgrado la struttura disarticolata della scrittura.
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