Regia di Vittorio De Seta vedi scheda film
Decimo e ultimo cortometraggio documentaristico girato da Vittorio De Seta nella fase iniziale della sua carriera, quella compresa fra il 1954 e il 1959; due anni più tardi il regista tornerà alla ribalta con il suo progetto più ambizioso, nonchè quello che gli concederà la giusta gloria: Banditi a Orgosolo, lungometraggio a soggetto. Qui invece il Nostro lavora ancora per sensazioni, per immagini, colori, gesti, luci, raccontando senza alcun commento e senza l'aiuto di dialoghi la vita di un paesino sperduto nell'entroterra calabro, Alessandria del Carretto, dimenticato dallo Stato che ancora nel 1959 non ha provveduto a dotarlo di una via di accesso stradale. Quindici sono i chilometri da percorrere a piedi per raggiungere il posto, complicazione non da poco per i 1600 abitanti; il paese vive perciò una propria esistenza un po' in disparte con il resto della zona circostante. Ma si risveglia ogni aprile quando, abbattendo un abete, prendono il via le celebrazioni per il santo patrono: tutto materiale che colpisce l'occhio di De Seta, attento alle sfumature etnologiche quanto all'efficacia stessa del discorso da lui affrontato nelle immagini. Il pensiero che Werner Herzog abbia attinto anche da qui per i suoi documentari sui luoghi estremi del pianeta è molto più che forte; le novità rispetto ai precedenti lavori di De Seta sono nella durata (venti minuti circa: il doppio degli standard finora) e nell'ambientazione, per la prima volta sul continente (precedentemente aveva girato soltanto fra Sicilia e Sardegna). 6/10.
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