Regia di Paolo Cevoli vedi scheda film
Un maestro romagnolo di nome Gino Montanari, ribelle e cialtrone, poco propenso a dimostrare obbedienza ai dettami e alle letture imposte da una vera e propria “scuola di regime”, viene costretto suo malgrado dal preside allineato ed intransigente, ad arruolarsi come volontario tra gli alpini, pena del contrappasso rispetto al cognome ottenuto dalla sua stirpe, per fargli pagare certe intransigenze nei confronti di un testo di culto incriticabile come “Cuore”, quasi un vangelo laico di quei tempi.
Al fronte sulle montagne della Valtellina come addetto a decifrare comunicazioni in morse, il professore verrà a contatto con i mille volti di un'Italia che prima d'ora non aveva quasi mai avuto occasione di conoscersi e misurarsi con usanze, linguaggi ed abitudini così eterogenee e differenti. Il suo rapporto affettuoso e complice con una giovane recluta meridionale, lo scalatore di faraglioni Aniello Salvatore, lo farà crescere e responsabilizzare, senza fargli perdere l'indolenza di fondo che lo rende così placidamente ed irrimediabilmente “italiano”.
Dedicato al “papà di suo papà”, e girato e fatto uscire non a caso nel centenario dall'inizio del primo tremendo e catastrofico conflitto mondiale, il piccolo film d'esordio del comico televisivo Paolo Cevoli si distanzia, se non altro, dalle esperienze di quasi tutti gli altri colleghi per una certa originale e meticolosa ricostruzione d'ambiente, che assume connotati addirittura intriganti con il contributo di una fotografia sofisticata e accattivante, rivelatrice di sentimenti e stati d'animo che condizionano letteralmente il punto di vista della realtà.
Se infatti i ricordi del passato sono contraddistinti dai colori forti e caldi della passione e del ricordo affettuoso e positivo, il presente è dominato pressoché unicamente dalle mille sfaccettature di grigio cinerino che invadono i prati e le rocce di una montagna cupa e superba che risulta minacciosa più per la minaccia che nasconde, che per la presenza magnetica e quasi divina di pareti rocciose e fredde che risultano non meno accattivanti degli altrettanto ripidi e scoscesi faraglioni capresi.
Cevoli si fa in quattro tra regia, interpretazione, scrittura e produzione, basandosi su racconti e storie che hanno senz'altro, come suggerisce la dedica finale al nonno di classe 1894, qualcosa di ben più forte che in semplice interesse personale dell'attore, ma risiedono salde nelle memorie e nei racconti di famiglia, quelli stessi che risiedono in molte delle nostre famiglie, nei cassetti che racchiudono vecchie foto ingiallite del passato, a loro volta testimonianze di ricordi spesso ancora presenti grazie ai racconti tramandati di padre in figlio.
La struttura del film , un po' frammentata e frammentaria a causa di una eccessiva presenza di episodi e sipari tipici di una comicità che nasce come televisiva, si avvale tuttavia di una forte e carismatica ambientazione che ha la meglio su tempi morti e ripetizioni; in questo contesto, oltre alla comicità nota, caratteristica, mai volgare ma anzi dolce se non a tratti commovente del Cevoli maestrino dalla penna-tutt'altro-che-rossa, citiamo l'esilarante prova del tenente rissoso e comicamente devastato (nella mente ma non meno nel corpo, ostentato come baluardo anche laddove sarebbe consigliabile celarne i particolari) reso splendidamente da un Luca Lionello da applauso, nonché il simpatico ruolo della mamma del Gino Montanari, che ha il volto risoluto, dolce ma intransigente se non capriccioso di Silvana Bosi
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta