Regia di Stefano Sollima vedi scheda film
Deludente. Sarà che poi ciascuno di noi idealizza i ricordi della propria infanzia, ma lo sceneggiato su Sandokan del padre Sollima è decisamente una spanna sopra a Suburra, anche come riflessione sull'esercizio del potere (là degli inglesi, qui delle bande criminali).
Meriterebbe 4 anziché 5 solo per un tema che però è lasciato ai margini della storia principale, come una cartolina non dico sbiadita ma inessenziale: la frugalità e la solitudine della vita del Papa, vero perdente in una città dedicata al malaffare e prona al Dio denaro a cominciare dai suoi cardinali.
Il tema principale, quello della collusione tra criminalità e politica è trattato in maniera eccessiva, quasi caricaturale, irrealistica.
Non c'è dico un personaggio che mi abbia convinto, una scena che mi sia parsa verosimile.
Ne avevo fatto un lungo elenco che poi ho cancellato. Rimane comunque un susseguirsi di episodi improbabili e inverosimili scaturiti da una sceneggiatura non impeccabile (due su tutti: la delazione fatta da chi non poteva sapere chi era stato, l'agguato ordito nella pertinenza di una villa sempre ferocemente sorvegliata). Più in generale, la rappresentazione che si da degli atti criminali è brutale ma infantile; i veri capi malavitosi non si sporcano le mani in prima persone. E lo stesso per gli intrecci politici; se anche ci si scambiasse tra colleghi di partito un omicidio come favore personale, la cosa non potrebbe non avere conseguenza nei rapporti di forza.
Il sangue scorre in abbandonza, e in troppa evidenza; quando, a certi livelli, gli affari tra criminalità e politica richiedono discrezione, e un profondo lavoro sotto traccia.
Ammetto che Roma sia perduta, dissoluta, amorale. Ma non nel modo che viene mostrato, che sembra voler colpire più la pancia che la testa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta