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Suburra

Regia di Stefano Sollima vedi scheda film

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La recensione su Suburra

di supadany
8 stelle

Ogni tanto ci vuole.

O meglio, ci vorrebbe più spesso, ma in certi casi non vale la pena di fare troppo i puntigliosi (certo sperare è lecito, intanto noi pubblico facciamo la nostra parte).

Stefano Sollima, dopo i (meritati) successi televisivi, si conferma al cinema, con una produzione importante, che viene soprattutto sfruttata, creando un quadro filmico non esente da pecche, ma votato ad una forza propositiva capace di trascinare tutto con se.

Ed è anche l’occasione per rivedere volti consolidati e nuovi prospetti di attori interessanti alle prese col “genere”.

 

locandina

Suburra (2015): locandina

 

In una manciata di giorni possono succedere un sacco di cose, tutto può cambiare per sempre, una volta che prende slancio una spirale tutto ne viene inghiottito, la pioggia che scende copiosa dal cielo non può far altro che portare tutto con se nel sottosuolo.

E a Roma ce ne è da trascinare con se, tra politici, mafiosi e semplici arrivisti che si fanno gioco di tutto e di tutti a proprio vantaggio, con un occhio particolare rivolto alle diverse generazioni implicate; se chi è da più tempo sul campo lotta per non perdere lo scettro del potere, o in estrema antitesi smette di lottare del tutto, il nuovo che avanza non promette nulla di buono, anzi è ancora più avventato e violento annullando anche quel poco del codice morale che appare destinato a lasciare per sempre il campo.

Una storia corale che avvolge tutti i suoi protagonisti, ma anche chi sembrerebbe restare nel contorno, che ha bisogno di tempo per carburare (non tutto ammalia fin dall’inizio), ma che quando lo fa, non da più un attimo di tregua e soprattutto si dimentica (quasi) di sbagliare.

Anche i pochi dubbi che possono subentrare a quel punto, a mezz’ora dalla fine mi chiedevo come potesse essere possibile chiudere tutte le strade aperte (anzi, ho cominciato proprio a pensare che non l’avrebbe fatto in virtù del prossimo approdo alla serialità), vengono spazzati via, grazie ad una serie di scelte vincenti.

Ad amplificare il contesto, ecco una manciata di scene topiche, tra la sparatoria al centro commerciale (degna dei grandi polizieschi di scuola americana), la vendetta al centro estetico (con tanto di fuga in auto che seppur breve distanzia vagonate di scene dei vari “Fast and furious”), ma soprattutto “la corsa per salvare la scagna” dei politici (forse il particolare che colpisce di più) che alla loro pelle (e solo alla loro) ci tengono e quel dettaglio che scappa (la tossica) capace di incrinare anche gli intoccabili di lungo corso.

In un quadro allargato, sono fondamentali l’apporto e la concentrazione del cast; i “big” Elio Germano e Pierfrancesco Favino sono certezze che riescono a contenere i rischi di ruoli insidiosi (con qualche difficoltà in più per il secondo), fa piacere rivedere Claudio Amendola in una parte professionale da vecchia scuola (certo, poi torni a casa e facendo zapping incappi nella sua presenza fissa al “Grande fratello” ed ecco il corto circuito) e la piccola apparizione terminale di Antonello Fassari è sorprendente.

Ma poi le sorprese più gradite arrivano dai giovani o comunque dagli interpreti meno noti; Greta Scarano l’avevamo già vista, ma questa volta si rende giustizia (non solo) da sola, Adamo Dionisi è inquietante e fuori controllo, Giacomo Ferrara riesce ad essere la quintessenza della strafottenza, ma su tutti spicca Alessandro Borghi (appena visto in “Non essere cattivo”) che con sguardo ipnotico sottolinea con temperamento lo sconfinamento delle regole e del buonsenso del suo personaggio.

Nel complesso direi quindi che Stefano Sollima abbia sfruttato al meglio l’occasione, con una buona gestione di un ampio racconto, manifestando, e non è la prima volta, abilità tecniche sopra la norma (almeno nel nostro cinema di oggi), ma soprattutto è da premiare la capacità, anche grazie al team di sceneggiatori, di superare lo scoglio più duro, ovvero quello di non farsi sopraffarre dalla realtà che, purtroppo, riesce spesso a stupirci più della finzione.

Lontano dall’essere impeccabile, ma ecco un film italiano da promuovere (anche per stimolare nuove gestazioni di genere).    

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