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Suburra

Regia di Stefano Sollima vedi scheda film

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La recensione su Suburra

di alan smithee
7 stelle

locandina

Suburra (2015): locandina

Pierfrancesco Favino

Suburra (2015): Pierfrancesco Favino

Da un cielo plumbeo che non promette che sciagure, una pioggia dirompente preannuncia e precede il giorno dell'apocalisse, che avrà luogo nella Suburra romana, cuore del potere come della corruzione, del comando e del malaffare che si favoreggiano e corteggiano l'un l'altro per convivere in ricchezza e properità ai danni dell'urbe e di chi la subisce vivendoci e facendosene inghiottire.

Dal romanzo omonimo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, il bravo Stefano Sollima (figlio di Sergio, regista dell'indimenticabile Sandokan e di altre celebri riduzioni televisive salgariane) torna al cinema dopo A.C.A.B. e dopo la fortunatissima parentesi di Gomorra la serie Tv, e lo fa con la trasposizione giusta per le sue corde. Le atmosfere, grazie anche al co-autore del romanzo ispiratore, sono quelle di un Romanzo Criminale (di cui proprio Sollima curò la regia della trasposizione televisiva, al pari di Gomorra) aggiornato ad oggi, anzi al 2011, alla vigilia delle dimissioni del nostro penultimo papa. Da questo inedito avvenimento, che apre un incipit piuttosto suggestivo, si dipanano tre storie di malaffare e corruzione politica che si avvitano tra di loro come serpenti pericolosi, scatenando una guerra tra clan che non ha precedenti e che finirà per generare il vuoto tutto attorno: una pausa per ricominciare o l'occasione per spazzare via tutto il marcio che si è accumulato?

Giulia Gorietti, Giacomo Ferrara

Suburra (2015): Giulia Gorietti, Giacomo Ferrara

Alessandro Borghi

Suburra (2015): Alessandro Borghi

Greta Scarano

Suburra (2015): Greta Scarano

Da un festino sexy che coinvolge un rampante giovane ministro (Favino), durante il quale una ragazza minorenne muore di overdose, si apre tutta una storia di ricatti e morti ammazzati che finisce per coinvolgere un ricco p.r. re della mondanità romana (Germano), una banda di malavitosi meridionali soprannominati zingari, un'altra di ricettatori/ricattatori comandata dal figlio di un vecchio boss tradito e morto ammazzato ((Borghi, ottimo, forse il migliore del gruppo con i suoi occhi cerulei spiritati più che mai) e soprattutto il boss dei boss (Amendola), che da tempo cerca di farsi approvare dal politico di prima una variante al piano regolatore che permetta la costruzione di una nuova Las Vegas tra le lande ostiensi, ora degradate e piene di discariche, lucrandone sui lavori con tangenti e pizzo.

Lungo i suoi 130 minuti di durata, il film teso e dinamico, non concede tregua con la sua storia intrisa sino all'inverosimile di narrazione, ma anche piena di ritmo e organizzata con un sapiente dosaggio di suspence.

Pierfrancesco Favino, Giacomo Ferrara

Suburra (2015): Pierfrancesco Favino, Giacomo Ferrara

Greta Scarano

Suburra (2015): Greta Scarano

Un avvicendamento che lascia anche qualche dubbio per un intreccio a dirla tutta improbabile e oltremodo eccessivamente frutto di forzate coincidenze, ma a tutti gli effetti davvero accattivante nella sua scarsa plausibilità, nel modo romanzesco e perfetto in cui si intersecano le singole storie: licenze fortuite,  casi del destino, situazioni al limite che producono un girotondo di avvenimenti in grado di accendere e fare esplodere la miccia che genererà l'apocalisse: circostanze attrraenti e da pagina scritta certo,  ma che traggono sicuramente spunto da un contesto malato e dai vergognosi fatti di cronaca e corruzione politico mafiosa che sono stati e sono ancora oggi all'ordine del giorno nella Roma capitale della vergogna.

Convince molto la scelta di Sollima di dare un contorno lugubre, fosco e nero alla vicenda, quasi esoterico nel pessimismo senza possibilità di salvezza che aleggia nell'aria, e che trova nella Roma papalina e del potere deviato e volgare, smodato e lussurioso, il suo luogo scenico e rappresentativo più appropriato e plausibile, reso ancora più austero dalla pioggia che inesorabilmente non cessa quasi mai di abbattersi sui luoghi della corruzione, come a tentare (invano) di portarne via le tracce, cancellandole quasi per vergogna.

Non si salva nessuno in questo girone infernale romano della lussuria e dell'avidità, perché anche chi sopravvive, ci riesce grazie ad un compromesso, o grazie ad un'astuzia, un gesto compiuto scientemente ai danni di un altro, grazie ad una circostanza fortuita che ha reso il superstite più abile o fortunato di chi invece ha abbassato anche per un solo istante la guardia o ha commesso l'imprudenza fatale di agire d'istinto.

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