Regia di Courtney Hunt vedi scheda film
The Whole Truth è diventato Una doppia verità. In realtà significa naturalmente Tutta la verità o, se vogliamo, la verità completa, totale, o intera/per intero e quindi, appunto, tutta, ma anche complessiva. In quanto completa e complessiva può essere complessa ma ciò non esclude anche il contrario, ovvero che sia semplice, soprattutto in un caso come questo. Apparentemente qui il caso si presenta semplice. E c'è la confessione dell'indagato durante il processo, quindi è colpevole e il gioco è fatto. La verità complessiva che pian piano emerge risulterà invece più complessa ed intricata. Ma la doppia e vera verità è che questo è uno di quei film che procede per accumulo di colpi di scena o supposti tali, che si annullano l'un l'altro (quasi come in un gioco a somma zero), per poi 'svelare' la banale verità finale, che era esattamente quella che vi eravate immaginati sin dall'inizio. E credetemi quando vi dico che non ci vuole né un genio, né un intuito particolare, né un guizzo di fantasia. La prima banalità che vi viene in mente osservando i players in campo beh... quella è.
Il buon Keanu Reeves, la incomprensibilmente trasfigurata Renée Zellweger, la bella Gugu Mbatha-Raw (Belle/La ragazza del dipinto, Jupiter, Concussion/Zona d'ombra, Free State of Jones, La bella e la bestia), il mitico Jim Belushi, non riescono comunque a far restare a galla un film che, se non avesse deciso di ruotare a 360° tornando quindi inevitabilmente al 'punto di partenza' e al nulla di fatto, prendendolo solo e semplicemete come un astratto 'giochino intellettuale', un rebus, senza necessariamente pretese di aderenza al reale, poteva anche funzionare. E forse fino a un certo punto funziona pure mantenendosi sulla sufficienza, tra molteplicità di verità soggettive e punti di vista resi in flashback. Poi però si è voluto strafare. E come dice cinicamente Snake Plissken: più le cose cambiano...
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