Regia di Francesco Pavolini vedi scheda film
Ci sono film fatti su misura per un comico. Che gli lasciano campo libero ma non riescono a sostenerlo. È il caso di Maurizio Battista, qui nei panni di un uomo che ha deciso di farla finita e si trova sul parapetto di ponte Milvio a Roma. Dopo la morte del padre, è sommerso dai debiti; ha infatti dovuto vendere il bar di proprietà ai cinesi e sta per perdere la casa. Ma non ha il coraggio di confessarlo alla sua famiglia. Inoltre, il figlio si sta per sposare con una cerimonia sontuosa e costosissima. Uno, anzi due, anzi tanti Maurizio Battista. Da una parte la sua esuberanza verbale. Dall’altra, un cinema che si adagia sul ritmo e sulla durata dello sketch: i diversi modi per fare il cappuccino, la scena nel ristorante lussuoso o quella nell’ascensore con Ninetto Davoli corpo-manichino sulla scia di Weekend con il morto. L’esterno è solo un palcoscenico teatrale a cielo aperto, un altro luogo di un’esibizione, sempre sospesa tra scrittura e improvvisazione. Dove qualche battuta va a segno e qualche altra a vuoto. L’esordiente Francesco Pavolini cerca di non cambiare le carte in tavola e per certi versi fa bene. Ma Battista al cinema non è ancora Albanese, che in Qualunquemente faceva ruotare attorno a lui i ruoli di secondo piano, come in un fantasmagorico circo. Qui, invece, restano ai margini. Come quello di Claudia Pandolfi, con l’attrice che cerca in modo appariscente di trovare uno spazio autonomo che in realtà non c’è.
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