Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film
Quando l’odore dell’amore non lo si sente più e si smette di avere fame, non c’è nulla e nessuno che può procurarti quel che manca. Si può restare, o semplicemente fermarsi, respirare. Questo è già paradiso. Consapevolezza di esserci.
Bello, intenso, molto emozionante il nuovo film di un grande attore e regista, Sergio Castellitto, che con Nessuno si salva da solo torna alla sua terza prova per il cinema e la seconda trasposizione di un testo della moglie, Margaret Mazzantini, sceneggiatrice anche in questo come nelle tre occasioni precedenti.
Una storia sospesa, vede Delia e Gaetano, che sono stati sposati e hanno due figli, Cosmo e Nico. Da poco, però, vivono la loro separazione: lei a casa con i bambini, lui in un residence. Delia, che in passato ha sofferto di anoressia, è una biologa nutrizionista, Gaetano è uno sceneggiatore di programmi televisivi. Delia e Gae si incontrano per una cena in un ristorante, devono apparentemente discutere dell'organizzazione delle vacanze dei loro figli ma quell'incontro diventerà il pretesto, per i due protagonisti, per compiere un viaggio dentro la loro storia d'amore. Così scopriranno le ragioni della fine.
Interessante la struttura con cui Castellitto e Mazzantini scelgono di raccontare: la cena occupa l'intero svolgimento del film, intorno a cui, attraverso una serie di flash back, viene ripercorsa la vita di Delia e Gaetano, dall'entusiasmo dei primi anni di vita insieme, l'amore, la passione, ai primi problemi e frustrazioni reciproche che hanno cominciato ad allontanarli, fino alla separazione.
Intanto, si ha modo di descrivere quel che, nel frattempo, è avvenuto, fra muri caduti, calcinacci venuti giù e grattacieli che hanno segnato l’inizio di una fine, con i padri che hanno lasciato i figli con il culo per terra. Sdraiati o inchiodati, i padri e i figli, qui hanno il dovere di rimettersi in gioco, pur con delle differenze dettate dall’età, dalle culture e sottoculture. Scrittori diventati scribacchini per sitcom, fiction televisive e biografie di santi, pur di tirare a campare. Nessun lavoro intellettuale, in un Paese in cui tale lavoro è concesso solo a privilegiati. Eppure, non manca chi arranca e tenta, pur nell’assoluta solitudine, la via del cinema, della letteratura e della musica. Tantissima e di gran qualità ce n’è in questo film.
Pur avendo ben presente che ogni film che affronti temi come quelli di Nessuno si salva da solo, il rimando è quasi naturale che avvenga con Scene da un matrimonio (1973) di Ingmar Bergman, in questo nuovo film di Castellitto, invece, c’è più il Woody Allen drammatico, cui fa esplicito riferimento una battuta del film, ma anche Il grande freddo (1983) di Lawrence Kasdan e Claude Lelouch di Un uomo, una donna (1966), insieme a tantissimo altro cinema francese, di grande interesse, evidente anche in altri film dell’attore e regista italiano.
I due sceneggiatori, Castellitto e Mazzantini, con grande onestà e sincerità si interrogano, innanzitutto sull’enormità del dolore, a causa di un amore che svuota, anche nel suo farsi e disfarsi. L’impossibilità, quasi, del suo ricomporsi. Nessuno si salava da solo è un film che scava nella rabbia e nella frustrazione. E’ evidente che dietro gli sguardi credibili di Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca, ci sia un percorso, innanzitutto di non più remissività nei confronti di una cultura che sta cambiando, per esempio rispetto alla generazione dei remake. Mediante una serie di dialoghi abbastanza attendibili, affidati all’aulicità di un montaggio attento alle parole (specie durante le scene al ristorante), Castellitto confeziona un’opera onesta. Lì dove qualsiasi occasione utile può far (ri)cominciare quel percorso affidato alla poesia de la notte dei miracoli.
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