Regia di Vittorio Cottafavi vedi scheda film
grande film di 54 minuti per la televisione italiana, in cui giuseppe dessì descrive come si svolgevano le giornate all'interno di una trincea sulla base di scritti lasciatigli dal padre, maggiore francesco dessì, ideatore dell'assalto alla trincea dei razzi e della conquista e della resa degli austriaci.
il film di cottafavi ha il fascino sgualcito del bianco e nero slavato degli anni sessanta, con la consapevolezza della finzione televisiva(il film inaugurò il secondo canale rai il 4 novembre del '61), ma con una ricostruzione scenografica realistica assicurata dalla consulenza militare di giuseppe tommasi e luigi soffietti della brigata sassari(IteNovas.com).
con l'arrivo di un amico suo superiore , al maggiore dessì viene comunicato che tocca alla sua brigata tentare l'assalto alla famigerata trincea dei razzi. l'interessamento del superiore non è servito a niente, dal comando hanno deciso che è ora di TENTARE DI NUOVO.
ma il maggiore dessì, calmo e controllato da una rassegnazione che fatica a mandare giù, spiega all'AMICO e superiore che le cose andranno esattamente come sono andate le altre volte; una inutile carneficina annunciata; il finale è già scritto, ma al comando nelle retrovie non vogliono vedere, ascoltare, sentire e nemmeno prendere in considerazione che le cose su cui persistono sono oltre che inutili, disumanamente folli.
loro sanno quello che si deve fare e gli uomini in prima linea devono obbedire sapendo che andranno solamente ad infoltire lo spazio già occupato dai loro compagni che stanno putrefacendosi.
si sente che il film è pensato e scritto da persone che si sono confrontate con la guerra; il rispetto per la materia, ma soprattutto per gli uomini morti è tangibile. e la recitazione misurata di aldo giuffré è tutta puntata a rendere il rovello interiore di un uomo che si sta facendo carico della consapevolezza che porterà i suoi uomini a morire.
uomini che lo stimano, come il compaesano che fa il caffè e gli serve il filuferru mandato da casa e fatto dalla sua famiglia, e che pendono letteralmente dalle sue labbra, perchè sarà dalla sua bocca che prima o poi sapranno la fine che dovranno fare.
una fiducia smisurata che si nota dalla tranquillità con cui il soldato copre il caffè che ha preparato per il maggiore e il colonello suo amico, venuto in visita, ma non di cortesia.
visita funesta per la comunicazione della prossima ventura strage. una visita a cui il maggiore non si rassegna, e in cui aveva appena confessato all'amico e superiore cosa avrebbe voluto fare appena quella guerra sarebbe finita: "perchè prima o poi, in un modo o nell'altro, dovrà finire!".
ed è proprio grazie alla forza e alla testardaggine del maggiore che non si rassegna a rassegnarsi e tenta con l'amico la carta della convinzione, CHE, l'attacco da sferrare dovrebbe essere fatto come glielo sta spiegando lui, perchè lui quella trincea la vive, la subisce e la sente. quel buco malsano umido e fangoso, gli fa dannatamente desiderare di uscirne per andare a conquistare la trincea dei razzi, che è una vera trincea.
il colonello capisce quello che il suo amico maggiore gli sta dicendo e farà di tutto per far comprendere ai superiori, lontani dalla fanghiglia, dagli spari, dai cecchini, dal filo spinato e dai cadaveri in putrefazione che il modo corretto per sferrare l'attacco("perchè è così che si dice?.... sferrare l'attacco?") è quello di veicolare il fuoco dalle retrovie in un punto spostato ad ovest per far credere agli austriaci una cosa sbagliata.
e così la brigata sassari comandata dal maggiore dessì potrà far strisciare dal buco melmoso i suoi uomini, armato solo di frustino per far loro vedere che l'uno è nelle mani degli altri e anche viceversa, che loro sono nelle mani di un comandante che fa di tutto per portarli a vincere una battaglia fallita fin'ora per l'ottusità di strateghi su carta finti e disinteressati.
finalmente due uomini, che sono soprattutto amici, riescono nell'impresa di imporre la loro strategia e in un crescendo di tensione alle stelle, con una voce narrante mai così indispensabile e saliente e la telecamera di cottafavi che segue centimetro dopo centimetro i corpi striscianti degli uomini che si fermano accanto o sopra ai cadaveri dei loro compagni ogni volta che viene lanciato un razzo, mentre i malati tossiscono nella trincea per far credere che i sardi siano ancora nel loro schifoso buco mefitico, riescono nell'ìmpresa vittoriosa.
non può non inumidirsi l'occhio con un film come questo. con la grandiosità di questi 54 minuti meravigliosi, in cui ladri di pecore vengono portati in battaglia strisciando da un comandante che fieramente pianifica e comanda uomini e non pedine da spostare su una piantina.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta