Regia di Sharunas Bartas vedi scheda film
La fuga di due ragazzi lituani dall'avvilente desolazione della casa paterna li fa approdare a Kaliningrad; ma la città portuale russa, che per loro rappresentava un miraggio di riscatto, si rivela, in realtà, ben avara di prospettive. Il lungomare è una riva squallida e deserta, da cui lo sguardo sembra perdersi nel vuoto, verso un orizzonte grigio e lontano. L'incontro tra i protagonisti e due giovani donne del posto si traduce, da subito, nella somma di due emarginazioni: quella di chi ha abbandonato la propria terra e quella di chi non è riuscito a diventare padrone della propria. Il loro inutile girovagare in cerca di un luogo in cui trovare calore ed intimità è la rappresentazione di un irrimediabile sradicamento, che non trova rimedio perché, fondamentalmente, non sa dove voglia arrivare. La silenziosa poesia di questo film è quella dell'esistenza immobile, eppure palpitante di emozioni, in parte trattenute perché indecise sulla direzione da prendere. I Tre giorni trascorrono senza che il loro rapporto conosca alcuna evoluzione, se non la graduale sedimentazione, nelle loro anime, delle ruvide scorie del fallimento. La promessa indefinita, verso cui essi si lanciano sotto la spinta di una speranzosa incoscienza, si accosta, metaforicamente, sul piano della recente storia dell'Est europeo, all'attesa di un futuro di benessere e libertà che la ritrovata indipendenza sembrerebbe dover necessariamente portare con sé. Tuttavia, in assenza di solidi punti di riferimento, la corsa verso il nuovo si trasforma subito in un vano vagabondaggio. Le certezze riguardano solo il passato che ci si è lasciati alle spalle, e sono fatte di tutto ciò che si è definitivamente perduto: il conforto della casa comune sovietica (vedi la mancanza di dialogo tra i due lituani e le due russe), la tradizione di una cultura rurale, ormai in declino, a cui non è corrisposto un adeguato processo di urbanizzazione (vedi, da un lato, la decadenza della tenuta di campagna di uno dei due protagonisti, in cui si aggirano, come due spettri, l'anziano padre e la sorella disabile, dall'altro lato il degrado edilizio dell'ambiente cittadino, in cui la gente vive ammassata, in assenza di ogni decoro e comodità). Dopo il crollo dell'URSS, nei paesi baltici il tempo pare rimasto fermo a chiedersi e adesso?: e in questo film, dall'azione muta ed inerte, priva di coraggio ed inventiva, la domanda sembra risuonare sempre uguale, all'infinito, senza che nella mente si affacci il benché minimo barlume di una possibile risposta.
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