Regia di Paul Feig vedi scheda film
La più improbabile delle agenti finisce sul campo, combattendo con efficacia pericolosi dinamitardi europei: il genere spionistico contemporaneamente cavalcato e parodiato per un mix che funziona.
C’è un piacevole mix di spionaggio e commedia alla base di “Spy”, con la rivelazione Melissa McCarthy nel ruolo di una goffa ed insicura agente che dalla scrivania si trasferisce sul campo, finendo per farsi prendere la mano e dimostrandosi molto più concreta dei colleghi. In un gioco di inversioni di ruolo, di inseguimenti inverosimili ricchi di ironia e di imprevedibilità, il film si lascia guardare, a patto che non si cerchi la verosimiglianza o qualche scarica di adrenalina. Perché la tensione non è esattamente il fiore all’occhiello di “Spy”, data l’estrema prevedibilità della trama, ma soprattutto una risoluzione monocorde di ogni situazione di tensione in essere (ossia: sparo proveniente da fuori campo che salva la protagonista).
Il mix di cool e trash funziona bene, così come la commistione tra il tenebroso Jude Law, la temeraria McCarthy e un Jason Statham esilarante (nel ruolo del chiacchierone tutto muscoli e poco cervello), grazie soprattutto a caratterizzazioni ben fatte.
“Spy” lancia un modo di fare commedia diverso, ironico e parodistico in maniera perfettamente coesa: pur dichiaratamente debitore della saga di James Bond (fin dai titoli di testa) e dei suoi numerosi tentativi di imitazione, il film sa canzonare il genere in maniera credibile, dimostrando di approcciare al difficile campo della parodia con un tocco quasi british, cogliendo nel segno laddove molti spesso falliscono, ossia nella giusta misura che esalta l’equilibrio tra genere spionistico e la sua (rispettosa) caricatura, da cui viene fuori un mix intrigante, per un film valido e per certi versi anche originale.
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