Regia di Giorgia Farina vedi scheda film
Eleganza oscura modello Malefica, capelli corvini, corpo perfetto stretto in tailleur, sguardo sdegnante, passo sicuro. Anita è così, algore anaffettivo e precisione di calcolo, anche se canta filastrocche d’infanzia nei momenti di ansia e nella scarpa tacco 12 ha un tallone d’Achille: la liaison con il capo, un affetto collaterale che la fa promuovere, la lascia incinta e, d’un tratto, priva di lavoro. Segue vendetta, con cromie e modi tarantiniani, l’aiuto di un gruppo di donne in disagio e l’amore di un timido avvocato. Giorgia Farina, dopo la farsa pulp Amiche da morire, che mixava stereotipi mediterranei al femminile, qui cerca con sguardo eccitato e survoltato di raccontare una nuova, possibile, contraddittoria donna di oggi. Come molta odierna serialità tv è oltre lo stereotipo (anche di quello da caratterista di Micaela Ramazzotti). Ma con i toni, comunque, della caricatura: mostra lati fumettistici dei personaggi con scene dimostrative (come quella che regala il titolo al film) e poi li ribalta con traumi e coup de théâtre. Solo che in un regista come Sorrentino, questo grottesco esclamativo, che schianta uno contro l’altro aggettivi qualitativi, che dice e smentisce, sa creare una misteriosa complessità. Qui la ricerca continua dell’effetto sbrana problematicità, credibilità, paradigmaticità sociale delle figurine, e quel che si vede, prima dei personaggi, è solo un esercizio di stile, di scrittura eccentrica e fuori misura.
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