Regia di J.J. Abrams vedi scheda film
Parlare di Star Wars: Episodio VII – Il risveglio della forza senza anticipare gli snodi fondamentali della trama; senza commettere l’errore di rovinare la sorpresa agli spettatori; senza ferire il fragile orgoglio dei fanatici; senza dimenticare che trattasi di un film che viene da un culto e si propone come rinnovata celebrazione dello stesso culto. E quindi tre cose, punti per orientarci nella visione.
Uno: lo specchio. Dieci anni dopo il terzo episodio, degno se non altro per il memorabile scontro finale fra Anakin Skywalker e Obi-wan Kenobi («Eri mio fratello!»), si arriva a questa puntata con obiettivi: tornare all’origine, collegandosi idealmente alla filosofia della prima trilogia; rimuovere il ricordo dei tre film più recenti, mai del tutto amati per l’invadenza degli effetti speciali. Il grande ritorno di questa seria, sta, come diceva qualcuno, in un magico tris: «plot, plot, plot». Richiamando in sede di sceneggiatura Lawrence Kasdan, una delle teste pensanti americane più importanti degli anni ottanta (suoi gli script de L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi ma anche le regie de Il grande freddo, Brivido caldo, Turista per caso, per dire), e contando sull’apporto del giovane Michael Arndt (Toy Story 3 all’attivo), J. J. Abrams recupera immagini, temi, situazioni, conflitti, bisogni della prima serie con una duplice funzione.
Da una parte adatta la materia all’innovazione tecnologica nell’armonia di un grande spettacolo d’intrattenimento e al nuovo consumo intensivo di serialità televisiva nel dosaggio dei personaggi nuovi e vecchi; dall’altra ripete la storia, non tanto in nome dell’eterno ritorno dell’uguale ma per riannodare i fili della memoria, legare generazioni di spettatori, riproporre figure del passato, che non esiste perché trasversali al tempo. Un film che rispetta i suoi codici specchiandosi nella sua mitologia: sono almeno tre o quattro le sequenze in cui si dichiara questa idea di ritorno al passato: una figura importantissima è il dolcissimo BB-8, droide finalmente umano.
Due: homecoming. Se il cinema americano del primo duemila è segnato da almeno due eventi imprescindibili (un attentato e una guerra, per semplificare), allora Il risveglio della forza è una sintesi di questa tendenza. Non soltanto nella trama ma anche nell’ideologia: d’altronde è già nella Storia l’esordio di Han Solo che nel trailer dice a Chewbacca «siamo a casa», sottolineando sia il ritorno in scena di un personaggio simbolico in un ruolo preminente nonostante l’aspetto non più eroico (le rughe di Harrison Ford valgono quanto il suo passato leggendario) che la restituzione di un immaginario introdotto da qualcuno che ha costruito quell’immaginario. La casa, dunque, come luogo (il Millennium Falcon), promessa (i cattivi del Nuovo Ordine in guerra contro i buoni della Resistenza: ecco di nuovo la guerra), minaccia rassicurante (ancora le deserte distese di sabbia), idea (il calore della prima trilogia contro la freddezza della seconda).
Tre: la nostalgia. Chi conosce un po’ di storia del cinema senza necessariamente essere accademici, sa che George Lucas e Steven Spielberg chiudono la cosiddetta epoca della nostalgia, di cui sono stati certamente protagonisti, con la rivoluzione dei blockbuster e via dicendo. Cosa sia stata davvero la nostalgia per quella generazione è complicato da spiegare, non ha a che fare col facile rimpianto nei confronti del passato: potremmo giocarcela sostenendo che è un’ammirata, teorica, critica riflessione sul passato. Certo, Abrams ha resuscitato un altro franchise (Star Trek), ha inventato mitologie (Lost), ma è soprattutto l’autore del bellissimo Super 8, quasi un compendio per capire l’ideologia di un autore contemporaneo che ragiona sulla fantasia, l’immaginario, l’emozione.
Ed è ovvio che l’impiego di Harrison Ford, Carrie Fisher, Mark Hamill, C-3PO e compagni in ruoli non marginali è una dichiarazione d’intenti, così come le note evocative di sua maestà John Williams. Ma è altrettanto giusto osservare che tutte le new entry si rifanno idealmente ai caratteri dei vecchi personaggi, malgrado non siano del tutto messi a fuoco in questa prima puntata interessata al passaggio di testimoni: tutti confidiamo nei restanti due capitoli affinché siano similmente notevoli. Comunque: questo grandissimo film – un’introduzione, un preambolo alla nuova parte della saga – contiene alcune delle sequenze più belle dell’ultimo cinema americano: la struggente commozione di almeno due o tre passaggi è indimenticabile.
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