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Star Wars - Il risveglio della Forza

Regia di J.J. Abrams vedi scheda film

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La recensione su Star Wars - Il risveglio della Forza

di alan smithee
5 stelle

scena

Star Wars - Il risveglio della Forza (2015): scena

Ritornare al futuro guardando al passato: questa la ricetta adottata, non senza una certa dose di buon senso e calcolata lungimiranza, dal duo Abrams e Kasdan, sceneggiatori a quattro mani, e regista il primo, di questa nuova trilogia che riprende i mitologici personaggi della prima serie '78-'83, oltre trent'anni dopo ciò che successe in quella occasione. 

Una sfida questa, che se da un lato richiedeva più responsabilità, dovute proprio al fatto di tornare a parlare di tre personaggi che hanno fatto la storia della fantascienza cinematografica moderna, dall'altro richiedeva forse meno ambizioni di quante sono state necessarie a Lucas per dirigere la seconda trilogia, ovvero l'esser costretti a narrare come tutto ebbe inizio, presentandoci personaggi nuovi con cui familiarizzare e (tentare) di farci prendere emotivamente. Non accadde, almeno per me e per molti altri, rimasti perplessi e freddi in quella occasione una e trina, e il gran regista pagò in quella circostanza una certa supponenza unita alla incapacità di costruire personaggi caratterialmente convincenti, perdendosi in caratterizzazioni di contorno vezzose e senza nerbo, ostinatamente protese a far sfavillare nuove tecniche e i nuovi progressi nell'arte degli effetti speciali, digitali e non, creati dalla sua stessa equipe e società di produzione.

Qui invece si sceglie, assennatamente come già riferito - e il merito di ciò ritengo sia da attribuirsi principalmente alla penna (si fa per dire) di Lawrence Kasdan - di puntare sull'effetto "amarcord" fornito dalla riproposizione dei personaggi di un tempo, invecchiati dalla vita che scorre, nel film come nella vita reale: trentasette anni sono passati dall'episodio capostipite: chi come me ne aveva 10 ora se ne ritrova 47: come non si può guardare senza tenerezza il volto amorevole da nonna di Carrie Fisher, ancora luminosa di una bellezza compassata e addomesticata dal tempo; o l'ostinazione alla baldanza di un Harrson Ford che ce la mette tutta a mantenersi in forma e a muoversi ancora scattante in linea con quello che fu il suo atletico e scanzonato personaggio ai tempi in cui tutto iniziò? E ancora, di Mark Hamil  possiamo dire forse poco, ma di certo che resta intatto il suo sguardo penetrante, i suoi occhi importanti e austeri. Forse per ora nulla più, ma è pur vero che in una trilogia non si può pensare di scoprire subito tutte le carte buone alla prima puntata.

Tre apparizioni che non possono non colpire noi spettatori ex giovani della trilogia dell'inizio, e magari pure i ragazzi di oggi che hanno apprezzato e visto sul piccolo schermo tutto ciò che è stato fino adesso.

Il vero problema di questo film è l'incapacità di costruire attorno a questi tre splendidi ritrovati personaggi, legati tra loro da diversi gradi di parentela o relazione, una storia e altrettanti personaggi che possano in qualche modo tener loro testa e ravvivare la magia degli episodi di fine anni '70.

In questo il film fallisce clamorosamente: né la cacciatrice di materiali ferrosi/rottami Riley, né l'infiltrato Finn, né tantomeno il pilota di caccia Poe, risultano dotati di un minimo di spessore o tridimensionalità che li distingua da sfilacciate figurine bidimensionali che li costringono o a perdersi in moine e strabuzzamenti (Daisy Riley è una maestra in tutto ciò), a fare la figura dei pesci bolliti mezzi tonti (e John Boyega in tal senso primeggia), o ad annullarsi completamente in un personaggio del tutto neutro (e dire che Oscar Isaac è stato grande in diverse occasione, lavorando con fior di registi e risultando quasi sempre molto in parte).

La sceneggiatura preferisce rendersi simpatica sfoderando l'indimenticato pathos di personaggi secondari indubbiamente indispensabili (Chewbecca, C3P8, R2D2 a cui si aggiunge una simpatica palla roteante similare a questo ultimo, che diviene il tassello mancante e trainante di tutta la vicenda, essendo la macchina che conserva il tassello mancante della mappa che può far risalire al luogo ove si nasconde Luke Skywalker), e decorando l'azione di sfondi naturali di grande effetto scenico, ma a cui siamo fandamentalmente già ampiamente abituati.

Certo quella forza oscura così subdola e dal forte potere attrattivo, così seducente da riuscire a snaturare pure i legami familiari, poi illudere il malcapitato nel quale si è installata, e pure la sua vittima, di riuscire a ricacciarla, ed invece ritrovarsene asservito, riesce, anche grazie alla presenza carismatica di un attore già bravo altrimenti come Adam Driver, a manifestare una sua razionale decorosa rappresentazione; così come la dittatura che pare rinsaldarsi a scapito delle forze democratiche, assume l'efficace essenza, nei colori dei drappi purpurei, come pure nella sua forma marziale da regime, di un sistema assolutista di stampo nazista che risulta sinistramente pertinente.

Poco altro di positivo, in realtà.

Pertanto l'emozione vera, quella da brividi a pelle, rimane "solo" quella di ritrovare i nostri eroi originali: una famiglia imperfetta come tante oggi, travagliata da problemi irrisolvibili, da assenze colpevoli: nodi tutti che vengono al pettine come impedimenti non facilmente districabili, e che la costringono a fare i conti col tempo che passa: dunque eroi imperfetti ed invecchiati, ma sostanzialmente sempre uguali a loro stessi: invecchiati come lo siamo anche noi, ben trentasette anni dopo.

E' questo l'elemento più azzeccato di tutta l'opera: una intuizione che diventa un merito, ma più che della regia e degli sceneggiatori, del tempo che passa, della vita che scorre filata, inesorabilmente anche per gli eroi di una saga; figuriamoci per noi!

 

 

 

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