Regia di Thomas Vinterberg vedi scheda film
I ricordi del regista nella Danimarca degli anni ’70, quando, da piccolo, aveva abitato con i genitori all’interno di una Comune, esperienza al tempo ancora diffusa.
Lui, Erik (Ulrich Thomsen), insegna Architettura all’Università di Copenhagen; lei, Anna (Trine Dyrholm), conduce da anni il telegiornale danese; il loro matrimonio regge, senza scosse, da tre lustri, durante i quali era nata Freja (Martha Sophie Wallstrom Hanse), l’amata figlioletta, ora adolescente. L’eredità imprevista di una grande villa, nella campagna intorno a Copenhagen, che avrebbe permesso ad Anna e a Freja di vivere in un spaziosa abitazione circondata dal verde, aveva contrariato Erik, l’erede della villa, timoroso che le notevoli spese per rimetterla in ordine e mantenerla sarebbero state al di sopra delle loro reali possibilità.
Era stata Anna a trovare la soluzione che avrebbe messo d’accordo tutti: invitare alcuni amici, attentamente selezionati, a vivere con loro tre, per condividere gli spazi e distribuire le spese della ristrutturazione, aiutandosi reciprocamente nei lavori di casa.
Si era costituita in questo modo una piccola comunità: anche se forse un po’ anomala rispetto alle numerose “Comuni” sessantottine: gli adulti non erano molto giovani; le trasgressioni consentite si limitavano all’uso delle bevande alcoliche; la privacy di ogni coppia era assicurata; la vita sociale regolamentata con una certa pignoleria.
La convivenza sembrava funzionare, perché tutto, persino il dolore più atroce – il lutto per la morte del bambino di una coppia – era stato condiviso diventando più sopportabile: tutti se ne erano sinceramente fatti carico, con la loro rispettiva sensibilità, col loro individuale modo di piangere.
In queste pagine si trovano le cose migliori del film: la narrazione successiva mi è sembrata non raggiungere la stessa forza espressiva e coinvolgente.
La nuova storia d’amore di Erik con Emma (Helene Reingaard Neumann), giovane studentessa, avvia il film verso un finale di grande tristezza, affrontato a mio avviso con superficiale leggerezza.
Il regista, che analiticamente si era soffermato sulla progressiva estromissione di Anna dal cuore di Erik, dal suo lavoro e, infine - per l’inconsapevole crudeltà di Freja - persino dalla casa che aveva voluto e organizzato tenacemente, lascia l’impressione di una conclusione affrettata, quasi ottimistica, della serie domani è un altro giorno...
Grandissima Trine Dyrholm, Orso d’Argento a Berlino (2016), assegnato con pieno merito a lei, quale migliore attrice.
Vinterberg ci aveva dato cose migliori.
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