Regia di Dito Montiel vedi scheda film
72° FESTIVAL DI VENEZIA - ORIZZONTI
Un marine reduce dalla guerra in Afganistan si appresta a venir visitato da uno psicologo (Gary Oldman) in seguito ai seri (ma volutamente non ben specificati) traumi di cui è stato vittima durante la sua permanenza in missione in Oriente.
Nel frattempo noi spettatori riviviamo momenti del suo passato, dal corso di formazione duro e sfiancante, ai momenti d'azione in cui ad attentati si susseguono morti violente e bombardamenti.
Riviviamo pure momenti teneri ed intensi di vita familiare del soldato, una bella moglie ed un figliletto biondo delizioso con cui ecogita una parola chiave, "man down" (uomo a terra) per nascondere un saluto imbarazzante che metterebbe in ridicolo il bambino dinnanzi ai suoi amici di scuola se esplicitato nei modi convenzionali dell'affetti familiare; infine, l'amicizia fraterna con un compagno d'aermi con cui il nostro uomo condivide ogni segreto, o almeno così crede.
Nel frattempo un terzo flashback ci porta in un mondo moderno devastato da una guerra nucleare (o distruzione simile), in cui i due soldati amici si sforzano di trovare, tra le rovine di palazzi fatiscenti, la via di casa e la moglie ed il figlioletto del primo.
C'è sotto qualcosa, statene sicuri, in questa baraonda di immagoini e situazioni che sfaccettano la vicenda in un caos narrativo di certo esagerato e difficile da contenere anche per un regista mediamente affidabile come Dito Montiel. Rivelare dettagli in più significherebbe spoilerare gravemente una trama che si regge tutta su un segreto devastante, almeno per il nostro impulsivo protagonista.
Ma il film ha dalla sua l'anima ed il sentimento genuino del suo interprete, un Shia Labeouf intenso ancora più del solito: all american boy nel bene come nel male, imprudente ed incurante dell'effetto dolciastro che la sua interpretazione sanguigna e ai limiti del retorico può arrecare alle sorti del film, l'attore si presenta elegante come un boduguard piccolino in sala Darsena questa sera assieme al regista Montiel, vestito invece casual in jeans e cappellino di lana. Al termine della proiezione, emozionato, crolla in un pianto sincero e spontaneo che ce lo rende più simpatico ed umano, facendo perdonare al film molte retoriche sulla famiglia e sull'armonia del nucleo familiare.
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