Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film
E’ difficile parlare di questo film, che non è un documentario e non è un film di finzione, ma che probabilmente è solo la libera riflessione di uno dei maggiori registi del nostro tempo sul senso dell’arte, sulla sua fragilità, sulla necessità che venga riconosciuta e conservata con ogni cura essendo l’indispensabile collegamento culturale fra le generazioni. Le opere d’arte che hanno sfidato il tempo e lo spazio arrivando nei nostri musei ci testimoniano che le gioie, i dolori, le angosce, i problemi, le paure, le passioni di cui è fatta la nostra storia personale si collocano all’interno di un’esperienza millenaria, che gli artisti avevano saputo trasformare nella bellezza della pittura e della scultura; nell’armonia della musica e dell’architettura. Da ciò nasce il piacere dei nostri sensi e del nostro cuore durante la visita ai grandi musei del mondo: al Louvre, come all’Hermitage di cui il regista aveva parlato nel suo precedente L’Arca russa.
Sokurov si sofferma sull’amicizia (che può sembrare strana, ma che fu realmente costruita con molta diplomazia e intelligenza) fra Jacques Jaujard, il grande direttore del Louvre durante l’occupazione nazista di Parigi e il coltissimo e raffinato emissario del governo tedesco Franz Wolff Metternich, entrambi convinti della necessità di salvaguardare le opere d’arte dagli insulti della guerra e dalle distruzioni dei bombardamenti. Nel corso del film, però, la ricostruzione, più o meno fedele dei fatti, desunta da alcuni documenti di allora, si alterna con l’ironica presenza, di un buffo e inutilmente tronfio Napoleone (che aveva sistemato all’interno del Louvre le opere d’arte razziate in tutta Europa durante le sue campagne militari) e della giovane Marianna, emblema stesso della Francia rivoluzionaria, ora ridotta a vecchia demente e lacera, intenta a ripetere stancamente lo slogan della rivoluzione (liberté, égalité, fraternité). Sullo sfondo una Francia divisa, apparentemente in pace, obbediente al governo di Vichy guidato dall’ottuagenario Maresciallo Pétain, agli ordini di Hitler.
A questa vicenda, presentata dalle parole dello stesso regista, si intrecciano due altri percorsi narrativi, uno dei quali, raffigurando dall’inizio del film una nave carica di opere d’arte alla deriva nei pressi di Rotterdam, è ambientata ai nostri giorni ed è allusiva delle drammatiche vicende che stanno cancellando le tracce dell’arte del passato in territorio medio-orientale, e perciò stesso prefigurando la barbarie prossima ventura.
L’altra narrazione, invece, sembra quasi contrapporre alla storia di Parigi e della Francia, quasi in pace grazie al compromesso di Vichy, la drammatica vicenda del terribile assedio nazista di Leningrado (oggi San Pietroburgo), durato novecento giorni dal 1941 al 1944, affrontato militarmente dai Russi, con ingenti perdite e con atroci sofferenze. Questa parte del film rivela, almeno secondo me, una visione fortemente ideologica della storia francese e nulla dice circa la “pace” (pax tedesca, soprattutto!) durante la quale si consumarono in territorio francese le atroci deportazioni degli ebrei, le razzie dei loro patrimoni e delle collezioni d’arte private destinate ai gerarchi nazisti, alla custodia delle quali addirittura furono destinate alcune sale del Louvre.
Il film, dunque, pur presentando alcune riflessioni di grande interesse sull’arte e sull’importanza che alla sua conservazione vengano dedicate cure, energie e risorse, implicitamente contiene giudizi quanto meno discutibili su un periodo della storia francese non proprio esaltante, così come non appare accettabile l’apologia del compromesso a qualsiasi prezzo, anche di fronte al dilagare degli eserciti nazisti e delle S.S. in tutta l’Europa. Che questo sia il punto di vista del regista viene da lui stesso ribadito nel corso di una lunga intervista rilasciata a Cyril Béguin e Jean-Philippe Tessé riportata (pagg. 26 -29) dai Cahiers du Cinema n° 716 del Novembre 2015. Il film, che tuttavia contiene alcune pagine molto belle, è da vedere e anche da discutere: qui è il suo pregio, non da poco in un universo cinematografico molto affollato di cinepanettoni, mostri ed effett(acc)i speciali.
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