Regia di Lenny Abrahamson vedi scheda film
In un'edizione degli Oscar che forse in troppi si sono affrettati a definire "scontata" ( ma siamo sicuri? L'Oscar a Di Caprio e "Il caso Spotlight" erano così prevedibili? E i sei premi, per quanto tecnici, a "Mad Max-Fury Road"?), il vero trionfatore, o che perlomeno ha sorpreso perchè, da indipendente, ha conquistato la statuetta per la miglior attrice a Brie Larson, finora non emersa. Film-scommessa già dal plot, che prevede metà proiezione ambientata in un'asfittica stanza, che si rivela essere un capanno in cui un maniaco tiene prigioniera da sette anni la protagonista, una ragazza rapita e abusata, e il figlio che è nato dai due: la tensione viene dai rapporti nello spazio ristretto, da una fuga che sembra quasi impossibile, e va progettata. Il bambino è la chiave sia per cercare la libertà, sia dopo, per riadattarsi ad una vita che vorrebbe tornare "normale". "Room" è una coproduzione tra Irlanda e Canada, sebbene sia ambientato negli USA, e la non ricerca di un qualcosa che risolva con troppa facilità una situazione complessa come quella presentata, è appunto non hollywoodiana. Abrahamson racconta senza tempi morti una storia che non era semplice da far digerire agli spettatori, servendosi anche del lavoro, di ottima qualità, dei suoi interpreti: brava, eccome, la Larson, che anche se il pubblico è portato a simpatizzare per lei, non nasconde gli spigoli ed i lati meno luminosi del personaggio, ma ancora di più brilla il piccolo Jacob Tremblay, di una naturalezza impressionante, così come lo sguardo del suo Jack, la prima volta che vede il cielo senza filtri, non si dimentica. Quasi a dire che una vita è materia fluida, liquida, nonostante le brutture che un essere umano incontri, è in qualche modo quasi obbligato a oltrepassarle, se vuole sopravvivere, il film si rivela toccante in diversi momenti, anche e soprattutto nei passi di un figlio che deve imparare a muoversi da solo in quel mondo fuori, così rischioso e misterioso.
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