Regia di Sergio Misuraca vedi scheda film
Si presenta in modo preoccupante il film che sarà ricordato come l’esordio del cuoco di Robert De Niro. La formula “promozionale” la dobbiamo al fatto che il regista Sergio Misuraca, durante la rincorsa al sogno cinematografico, è finito tra i fornelli del ristorante losangelino dell’attore americano. Dicevamo dei cattivi inizi. Intro con voce narrante che rimanda subito al ritratto esistenziale: i perditempo siculi Dario e Nicola - il primo serio e rassegnato, l’altro indolente e eternamente stonato - discettano di femmine, soldi facili e impossibilità professionale, perché «in Sicilia non si può trovare un lavoro, però se si è sballati è il posto più bello del mondo». Quando l’incubo della commedia sociologica comincia a farsi reale arriva la virata che non ti aspetti: Dario accetta di portare una busta a Roma in cambio di una raccomandazione, finendo in una mare di guai e di sangue. E Fuori dal coro diventa un noir lisergico con cattivi da serie B americana anni 80 e sceneggiatura inutilmente contorta. Il film sbanda pericolosamente, ma è almeno animato dalla voglia e dall’istinto di tirarsi fuori dalla palude del cinema regionale italiano, con un crescendo grottesco tra personaggi inetti e facce da buon cinema di genere. Ne esce un oggetto alieno che soffoca la ricezione severa e suscita curiosità. Piccolo ruolo per Aurora Quattrocchi, nei panni sempre più abituali della donna sicula (qui trapiantata a Roma) oscura e risoluta.
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