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Green Room

Regia di Jeremy Saulnier vedi scheda film

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La recensione su Green Room

di maurizio73
5 stelle

Tra il thriller party ed il revenge movie, Saulnier dimostra una inclinazione non comune ad utilizzare i luoghi comuni del genere (pulp) per raccontare l'emergere di pulsioni ancestrali e patemi esistenziali nelle situazioni estreme in cui individui socialmente pacifici possono, loro malgrado, vedersi precipitati.

Dopo lo scarso successo commerciale della loro tourneè itinerante, una giovane punk band viene indirizzata verso il rave party nello sperduto locale alternativo frequentato da una numerosa comunità neonazista. Testimoni involontari dell'omicidio di una giovane spettatrice però, saranno trattenuti contro la loro volontà e dovranno ingaggiare una dura lotta per la vita.

 

locandina

Green Room (2015): locandina

 

Che il thriller party ed il revenge movie fossero nelle corde del giovane Saulnier, s'era capito dai suoi fortunati esordi dietro la macchina da presa (buona la seconda), con una inclinazione non comune ad utilizzare i luoghi comuni del genere (pulp) per raccontare l'emergere di pulsioni ancestrali e patemi esistenziali nelle situazioni estreme in cui individui socialmente pacifici possono, loro malgrado, vedersi precipitati. Il canovaccio ovviamente non fa difetto nemmeno per questo road movie sulle piste di un'america autocratica e marginale (Southern Comfort) alla ricerca delle emozioni pulsanti di una passione musicale vissuta come momento fugace ed estemporaneo, lontana tanto dagli stereotipi dell'industria discografica quanto dalle certezze di un consenso commerciale normalizzato ma rassicurante. La fortuna, si sà, premia gli audaci ma non gli sprovveduti, e così lo spunto per questa trappola per topi nel buco del culo di una radura nell'Oregon si trasforma nella giusta nemesi di chi ha voluto sfidare la sorte sbarcando il lunario a colpi di riff di chitarra elettrica ed urla lancinanti, prendendosi perfino la libertà di mandare a quel paese una platea di nazisti col pallino del punk ('Nazi Punks Fuck Off'). Decisamente accorto nell'alimentare una tensione claustrofobica nelle ristrettezze scenografiche di uno squallido camerino quale copertura per una green room che riveli il crollo dell'ideologia (per quanto malata e reazionaria quale quella nazista) e l'emergere di finalità commerciali tutt'altro che nobili (la piazza dello spaccio nigger), il film di Saulnier si irretisce nell'andirivieni tra 2 negoziazioni non andate a buon fine e 3 tentativi di fuga con relative mattanze, palesando nel finale il primato della disperazione sull'organizzazione (Teoria del Paintball) ed una fatale sottovalutazione della debolezza del nemico. Tra il minimalismo di una fotografia virata sul blu e sull'ocra ed lo scabro realismo di scene cruente che non fanno concessioni alla gratuità nè agli stomaci deboli, è un thriller d'azione che si tira fuori bene dal cul-de-sac in cui si era volontariamente cacciato, rivendicando il diritto-dovere del tenente Yelchin (qui al suo ultimo ruolo prima della prematura scomparsa nel Giugno del 2016) di sparare alle spalle del suo ex capitano di vascello preferito (un trasandato e cinico Patrick Stewart). Presentato al Toronto International Film Festival 2015, vanta ottimi riscontri di critica e di pubblico.

E voi quale gruppo musicale vi portereste dietro su di un'isola deserta?

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