Regia di Raffaello Matarazzo vedi scheda film
Un campionario di varia umanità si ritrova su una carrozza ferroviaria di terza classe fra Roma e Orvieto per una gita domenicale: la sera, al ritorno, si saranno formate due nuove coppie. Commediola minuscola (anche nel minutaggio) ma gradevole, diretta da un esordiente Matarazzo ancora lontanissimo dai melodrammi del dopoguerra. Parte come un organismo corale, con l’occupazione degli scompartimenti che fa pensare a un balletto e con la musica che tende a predominare sui dialoghi. Poi si concentra soprattutto su due storie, che solo nell’ultima scena si incrociano: una ragazza molla un corteggiatore damerino per un aitante giovanotto; un uomo maturo, raggiunto a sorpresa dalla moglie gelosa, è costretto a lasciare l’amante sola per tutto il giorno. Lo spunto propagandistico (pubblicizzare l’iniziativa di treni a tariffa ridotta) quasi non si sente: c’è un’attenzione per la vita quotidiana della gente comune che prelude al neorealismo rosa, e per un film del 1933 c’è anche un’insolita audacia nel mostrare la nudità femminile (gambe, beninteso). A un certo punto c’è persino un cenno di montaggio analogico (una bocca aperta che diventa una galleria).
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