Regia di John Frankenheimer vedi scheda film
Sul volgere della guerra a sfavore dei tedeschi, la fuga dell'esercito germanico dai paesi che avevano invaso comportò strazi, violenze, la furia di chi si considerava invincibile e invece aveva scoperto che le cose stavano notevolmente mettendosi male. Scappando dalla Francia, il colonnello Von Waldheim, ritenuto un uomo interessato a tutelare le opere d'arte dai potenziali danni dell'invasione, trafuga capolavori in abbondanza: uomini della Resistenza, avvisati della cosa, organizzano una missione per contrastare l'operato del gerarca nazista. Finirà in un duello tra l'ufficiale tedesco ed un membro del commando che utilizzerà ogni risorsa, senza darsi per vinto, per fermare il treno su cui viaggiano opere da non lasciare alle truppe hitleriane. Considerato oggi un piccolo classico del cinema bellico, "Il treno" è un lavoro avvincente, che conferma, una volta di più, l'ottima mano da autore popolare di un cineasta che rientra tra i grandi sottovalutati (a mio avviso, quanto Robert Aldrich e John Sturges) del cinema americano: il dilemma etico, se va preservata l'arte o la vita umana, trova nella raffica di mitra finale la risposta che sceneggiatura e regia volevano dare. La crudeltà gratuita di uno sconfitto, venuto dall'aristocrazia e convinto di far parte di un Potere che decide vita o morte, distruzione o difesa, sconvolge e viene giustamente punita. Una bella interpretazione di Burt Lancaster, che investe grinta e umanità nel suo sagace e indomabile personaggio, e altrettanto bene figura Paul Scofield, che cela sotto l'eleganza dei modi un sostanziale disprezzo per la vita del prossimo: il crescendo del finale è opera di un regista che, se non avesse girato troppi film di ripiego nella fase conclusiva della carriera, meriterebbe altra fama, e comunque è da rivedere, per le invece svariate opere valide girate.
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