Regia di Mario Bava vedi scheda film
Quando il cinema italiano fa scuola.
Bava realizza un lavoro che in realtà si basa su tre racconti i quali sfruttano diversi aspetti dell'ambito horror. Il primo è un concentrato di suspance basato in realtà su pochissimi elementi che saranno poi ripresi in una quantità immensa di film (la voce roca ed alterata, il telefono che squilla in continuazione, il molestatore che sembra essere nella stessa stanza della vittima), il secondo è il classico film di vampiri, molto gotico e basato sull'espressività dei protagonisti (non a caso, spicca qui Boris Karloff) mentre l'ultimo è a mio avviso l'episodio più riuscito, misto di medianità e horror che fa ampio uso del make-up e di qualche manichino debitamente acconciato. Tecnica da vendere dunque ed un approccio alla storia singolare ed interessante con un Karloff che introduce e chiude la scena parlando direttamente allo spettatore e mostrando i trucchi del mestiere nel finale; a conferma che qui si fa davvero scuola del cinema e di alto livello. Davvero curioso scoprire che la band di Ozzy Osbourne prese il suo nome dalla versione inglese di questo film.
Grandissimo.
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