Regia di Luca Ferri vedi scheda film
“Il giusto vivrà per la sua fede”. Difficile trovare una fede in Abacuc, ancorato ad un mondo che non ha compagnia, dove la morte ha fatto piazza pulita e dove strane nenie metalliche si fanno evocazione di passati pezzi di vita e dolenti giorni che (non) saranno. Abacuc è un film che va visto ed accettato senza raziocinio, latore del fascino malato del nulla, opera ingombrante ed ingombra di fantasmi. Dall’altra parte di un vecchio telefono a cornetta, o sperdute in inconoscibili teche dell’anima e delle memorie, stanno voci e sintesi dei morti, destinate ad interagire con quell’unico vivo che, forse, non sa di esserlo; o almeno non è in grado di accettarsi come tale. Abacuc vaga alla ricerca, e ricercando poco a poco se ne va. My name is Abacuc, Il mio nome è Abacuc: questo suono tra un po’ sferzerà l’aria, un’aria senza più sincopi di respiri umani, ma abitata soltanto da litanie associate ad ossa scheletriche. Abacuc cerca i sepolcri, imbiancandoli con la sua stessa presenza di (finto?) candore. Altrove, repetita iuvant: immagini, storie, canti, in un loop ostinato. Come la vita, che dovremmo cominciare a guardare nella sua meccanica ripetitività. Come faremo, altrimenti, quando resteremo soli sulla Terra?
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