Regia di Danilo Monte vedi scheda film
Il treno va avanti, gli home movie vanno indietro, è il trentesimo compleanno di Roberto Monte, oggi, le memorie sono la festa per il suo diploma (giunto tardivo, a 25 anni, dopo le bocciature, la tossicodipendenza e il ricovero in un istituto psichiatrico), quella per la sua comunione, un capodanno. Danilo Monte regala al fratello minore un viaggio ad Auschwitz, per accendere una delle sue rare passioni, quella per la Seconda guerra mondiale, un innesco per ritrovare il ragazzino allegro di “prima”. Una scelta che è già fraintendimento, il tentativo ostinato del regista di ricondurre il disagio di Roberto alle sue condizioni, al suo modo di vedere il mondo. Condizioni che il fratello rifiuta perentoriamente, smontando lungo i binari da Milano ad Auschwitz l’apparato di convinzioni del regista/terapeuta: questo viaggio non sarà una cura o un modo per trovare la voglia di “mettere a posto la sua vita”. Il documentario - quasi interamente in soggettiva, macchina puntata su Roberto, dialogo costante e senza filtro tra i fratelli - diventa un ritratto intimo che sovverte le convinzioni dell’autore prima ancora che del pubblico (Roberto rigetta rabbiosamente le frasi preconfezionate sulla dipendenza e sulla malattia mentale: «Non è la scelta più facile non fare un cazzo, è faticosa»; «Ci vuole coraggio a farsi le pere di eroina»), col soggetto che lavora costantemente contro l’idea del film, mutandolo in qualcosa di altro, di sgradevole e necessario.
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