Regia di Eleonora Danco vedi scheda film
Ecco la nitida conferma che qualcosa di diverso si può (ancora) fare; non si può certo parlare di miracolo, probabilmente (almeno per i tradizionalisti) il cinema è un’altra cosa, ma do atto a Eleonora Danco di aver offerto una paronamica efficace sugli usi e costumi degli italiani di ieri (gli anziani) e di oggi (i giovani) speziando il tutto con la propria presenza utilizzando armi poco convenzionali per giungere al risultato che è tutto personale nel metodo e universale a conti fatti.
E’ lei stessa a girare in pigiama per le strade di città e di provincia, col letto spesso a breve distanza, puntando l’indice (la telecamera) verso i suoi famigliari e la gente comune, non personaggi artefatti, ma quelli che sono il semplice frutto di tradizioni e modernità.
Domande spesso spinose (si parla di amore, sesso, vita, usanze, mondo del lavoro, affetti, di tutto e di più insomma), ma anche quando così sono sempre con tono leggero e le risposte sono ancora più candide (manco le avessi fatte io agli amici di Filmtv.it).
C’è una rilassatezza disarmante, decisamente contagiosa e si ride tanto, e lo si fa su di noi, si guarda indietro nell’Italia che fu e che oggi ha le ultime testimonianze e che si può confrontare con le nuove generazioni.
Tutto un altro mondo, va bene questo si sa senza bisogno di un film, ma l’approccio è davvero apprezzabile, appunto perché in fondo ci si diverte tanto, ma leggendo tra le righe si trova sempre la possibilità di una sincera riflessione sullo stato dell’arte della nostra società in costante mutazione (e deformazione).
Le convenzioni di un tempo, le limitazioni che venivano imposte (il sesso scoperto la sera dopo le nozze), la schiettezza dell’oggi (ad esempio nelle risposte di un manipolo di ragazzini sul sesso, che salto!), anche la diversità della realtà (in ogni caso si può dire che siamo passati da un eccesso all’altro).
Ognuno si può costruire il proprio “castello”, Eleonora Danco intanto ne ha fatto uno che partendo (ed arrivando) dal basso riesce a comunicare davvero tanto, con leggerezza (e pure con un lieve senso poetico) e che mostrandosi in prima persona (anche la sua sola famiglia dice tanto, il confronto con suo padre è una sincera confessione inconfessabile), che sia in pigiama o ignuda (che metaforicamente significa non nascondere nulla e dalle domande/risposte ciò appare essere un’immacolata verità) sembra quasi voler tirarci dentro a questa sua opera, più di quanto possa fare un film tridimensionale.
Parliamo in fondo di un esperimento e preso come tale rimane una piccola gemma, definirla in profondità è difficile, ma qui ci sono un’anima ed un’identità, su questo è difficile discutere.
E di tutto questo in tempi come quelli di oggi ce ne è di bisogno.
Semplicemente d’impatto.
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