Regia di Jacopo Quadri vedi scheda film
Per chi conosce un po’ il pensiero di Luca Ronconi, uno dei più grandi registi di teatro di tutti i tempi, fa impressione vedere questo documentario. Non solo per le faville di verità («gli attori sono sempre contenti quando hanno una battuta con il nome del titolo dell’opera che recitano», «ringrazio il mio lavoro per essere stato per me una forma di conoscenza del mondo: ho imparato più dal palcoscenico che dal mondo reale»), non solo perché ha una forma levigata ed essenziale (i momenti di lettura e di prova, le interviste degli allievi del laboratorio, gli interventi chirurgici della bella musica di Valerio Vigliar), non solo perché cattura un Ronconi spiritoso e conviviale, ma perché egli stesso compare negli abiti di una figura che cercò sempre di evitare: il capocomico. È uno spettacolo vederlo scavare in ogni parola uno scrigno di colori, intenzioni e narrazioni, correggere intonazioni e posizioni, rifare le battute per farle capire agli allievi: e dopo le smorfie, offrire lo sguardo in macchina. Una volta ha detto: «Penso sia sbagliata la domanda “cos’è un grande attore?”. Puoi anche avere un grande attore di vent’anni. Perché il grande attore non è un ruolo, è un momento». Dobbiamo a Jacopo Quadri, affermato montatore, l’aver seguito un autentico monumento della drammaturgia, prima che scomparisse, in un laboratorio in Umbria, e aver registrato lì, mentre nascevano, momenti irripetibili di giovani attori – che forse qualcuno chiamerà grandi, o forse no.
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