Regia di Lionello De Felice vedi scheda film
Una delle tante farsette allestite alla bell'e meglio che in quegli anni venivano proposte a Totò senza pausa; qui ha come spalle Bramieri e Pascal, ma fondamentalmente, come è la regola di questi lavori, tutta la scena si regge sul principe. C'è di particolare la lieve satira anti-capitalista (ma realmente molto, molto moderata), che accosta sul piano morale l'industriale ed i due ladri di 'professione', come a significare che la nostra società si basa sul furto dei potenti e degli astuti ai danni di chi non può opporsi - che è poi la stessa relazione che si instaura fra Totò ed il suo ex allievo: ubi maior, minor cessat. Il finale desolatamente beffardo venne ai tempi criticato, ma fortunatamente la censura non arrivò ad impedirlo. Piacevole, ma certo non indispensabile.
Un ladruncolo in miseria si ritrova nello stesso appartamento che sta razziando un giovane suo ex allievo, ora ladro benestante. In quel momento arrivano anche i padroni di casa; il primo si prende la colpa e va in galera. Il secondo però ricatta la padrona di casa, infedele al marito, un industriale non proprio pulito: l'industriale e i due ladri finiranno per fare comunella, per mettere tutto a tacere.
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