Regia di Sydney Pollack vedi scheda film
Mi ritengo da sempre un fan di Sydney Pollack e, anche se negli anni della sua maturità cinematografica il regista prese una direzione piuttosto convenzionale con pellicole non all'altezza di quelle sfornate negli anni giovanili, la sua filmografia vanta ancora tanti piccoli gioielli come questo "I tre giorni del Condor" che a tanti anni di distanza rimane fra le sue opere più note e anche sul nostro sito ha una media voto altissima. Si tratta di un thriller spionistico girato negli anni immediatamente successivi allo scandalo Watergate con una pessimistica riflessione sui meccanismi del Potere che corrompe e rischia di stritolare il cittadino onesto, qui incarnato da un Redford che oltre ad essere già l'icona indiscussa del cinema di Pollack, si era rapidamente guadagnato lo status archetipico di eroe positivo che anni addietro era spettato a colleghi come Gary Cooper o James Stewart. Il film ha una sceneggiatura secondo me ingegnosa, per quanto qualche passaggio della trama possa apparire inverosimile o non spiegato molto bene, unisce una riflessione politica di stampo liberale ma quasi in odore di Kafka con sicuri valori spettacolari, un ritmo ben dosato anche nelle sequenze d'azione, una love story che alcuni ritengono superficiale o attaccata con la saliva al resto del film, ma che personalmente non mi ha creato alcun fastidio anche nella scena d'amore. Buone le performances sia di Robert Redford che di Faye Dunaway, entrambi ancora nel periodo migliore delle rispettive carriere, ed efficace il contributo di un Max von Sydow inquietante quasi come in Bergman. L'influsso del thriller hitchcockiano è inevitabile, ma a mio parere "I tre giorni del Condor" funziona molto bene anche se lo si considera come un prodotto intelligente di una New Hollywood che voleva esplorare argomenti problematici senza rinnegare la propria identità.
voto 8/10
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