Regia di Owen Harris vedi scheda film
Nella Londra musicale che conta di fine anni '90, un giovane manager di successi ci sciorina con arroganza, ma anche con estrema, disarmante sincerità, i fattori determinanti del proprio successo irresistibile e travolgente, che lo ha reso ricco e potente sulla scena musicale, senza per questo essere un vero e proprio tassello nevralgico della piramide che da una pezzo musicale qualsiasi arriva a trasformarsi in una hit mondiale, almeno nel senso più tradizionalmente costruttivo.
Con la scaltrezza e la determinazione che lo caratterizzano infatti, il ragazzo si è guadagnato la fiducia di un influente produttore omosessuale, che lo ha scelto, insieme ad una rosa di altri colleghi e rivali scafato almeno quanto lui, per ascoltare nuovi talenti e decidere chi merita di arrivare ad essere prodotto su larga scala, e chi invece è merita l'oblio da cui proviene.
Le scelte azzeccate del ragazzo lo hanno portato in alto; ma la concorrenza è spietata, e la sua idiosincrasia per le boy bands (troppi casini, troppa inconciliabilita' tra individui che si comportano da prime donne quando ancora nessuno se li fila), lo porta ad inimicarsi il capo a vantaggio del suo diretto concorrente.
Motivo più che sufficiente per spingere il nostro arrivista e ambizioso manager a farlo fuori con una mossa apietata a sorpresa, dopo una serata di eccessi, tra fumo e polveri bianche non proprio medicamentose.
La polizia si metterà presto sulle sue tracce, avendo il ragazzo trascurato - per presunzione ed inesperienza - di costruirsi un alibi perfetto, ma il poliziotto incaricato delle indagini risulterà, guarda il caso, un appassionato compositore dilettante a cui far sperare in un successo da cantautore ormai dietro l'angolo, magari in cambio di un insabbiamento delle prove più schiaccianti.
E se la situazione precipita, col nostro assassino ricattato dalla efficiente e scaltra bionda segretaria, che ha capito tutto e pretende di far carriera pure lei, se a dirigere la supervisione dei nuovi talenti verrà surclassato da un concorrente, per il nostro intrepido e spregiudicato ragazzo ci sarà modo per trovare riscatto e giustizia con nuovi crimini efferati, secondo uno stile lucidamente folle e spregiudicato che ricorda l'American Psyco anni '80 riveduto ed aggiornato a fine millennio.
"Kill your friends" riesce piuttosto bene a dosare suspence, a buone dosi di ironia, se non pungente sarcasmo, e si avvale di un io narrante piuttosto smaliziato in grado di deliziarci col suo vangelo del male rivelatoci con angeluco disincanto.
Nicholas Hoult inoltre, risulta perfetto ad impersonare un ideale crudele farabutto dal viso angelico, epicentro di cinismo, arrivismo e doppio giochismo, che concentra su di sé ogni più micidiale ma concreta qualità per sfondare nel mondo del business giocando sporco, ma uscendone alla fine perfettamente pulito.
Direzione efficace di un esordiente come Owen Harris, che si tiene concentrato sul ritmo, senza dimenticarsi di lasciar spazio a siparietti sarcastici in cui Hoult gigioneggia certo, ma con giustificato motivo e con la classe di un attore ormai navigato.
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