Regia di Robert Altman vedi scheda film
Tre donne arriva là dove Woody Allen non è mai riuscito: riesce infatti a trascinare Ingmar Bergman a Hollywood, a imbastire una storia di caratteri femminili complessi e di rapporti al limite del patologico, mantenendo come sfondo la provincia americana. Le protagoniste sono essenzialmente due, ma Three women è anche il titolo originale dell'opera: quindi evidentemente Altman considerava fondamentale anche il personaggio di Willie, pur essendo parecchio defilato nella storia; la morbosa situazione di dipendenza che viene a crearsi nella convivenza fra Pinky (figlia, idealmente) e Millie (madre, poichè più grande di età e più dotata di esperienza che l'altra) è interpretabile, quantomeno in prima e rapida analisi, sotto due punti di vista: o come riflesso della crisi dell'istituzione famigliare oppure come prototipo di nuovo modello relazionale 'monosessuale' (non tanto omo, poichè le due ragazze non sembrano mai più di tanto attratte fisicamente l'una dall'altra), in pratica un passo avanti verso una società 'sessista' in cui femminismo e maschilismo finiranno per assumere posizioni sempre più delineate e distanti fra loro. Basti pensare, a tale proposito, che l'unico ruolo maschile di un certo rilievo è affidato a uno sbruffone incantatore di femmine, Edgar, che fa esattamente ciò che vuole e che nel nulla, da cui era venuto, se ne va. Già più difficile da inquadrare, invece, la parte di Willie. Sceneggiatura di Altman stesso, anche produttore; le (curiosamente, vista la differenza di età nella storia) coetanee Sissy Spacek e Shelley Duvall - per questo ruolo premiata a Cannes - sono perfette. 6,5/10.
Millie e Pinky lavorano entrambe in una clinica e convivono in perfetta sintonia. Quando la seconda scopre però che la prima ha una relazione clandestina con Edgar (marito di Willie), la crisi esplode.
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