Regia di Peter Sollett vedi scheda film
La detective Laurel Hester, nello stato del New Jersey, svolge la sua professione in modo ineccepibile per diventare tenente, a costo di mantenere segreta la propria omosessualità, lavorando a fianco a fianco con il suo collega Dane Wells, attraversando scene iniziali di vero e proprio action movie. Ritroviamo poi Laurel nel tempo libero, lontana dal suo dipartimento, a praticare sport, e imbattersi in un incontro fatale con la giovane Stacie: diverse per temperamento ma complementari, il loro amore prende slancio; decidono di acquistare una casa e ufficializzarsi come copia di fatto. Il collega, venuto a sapere della relazione tra le due donne, rimane sorpreso, e lì per lì gioca la parte del rancoroso, in quanto innamorato di Laurel. Tutto sembra procedere comunque per il meglio, nonostante le difficoltà di una professione in cui essere impegnati 24 ore su 24 contro il crimine incidano sulla neonata relazione. Ma dopo un anno, gli eventi precipitano: a Laurel viene diagnosticato un cancro aggressivo ai polmoni, e tutto quel che lei vuole è non lasciare la sua giovane partner senza la reversibilità della propria pensione, visto l’imminente decesso. Il rapporto sentimentale viene così stretto nelle maglie censuranti della contea, il cui consiglio elettivo non vuole che si crei un precedente a sfavore della propria immagine politica. Anche il corpo di polizia è reticente, tranne il collega, che si batte per i diritti di Laurel, fino a coinvolgere testate giornalistiche e un leader ebreo omosessuale, interpretato da un grande Steve Carrel.
Questa la trama su per giù. Intanto non si può negare che qui gli attori brillano di luce propria. Julianne Moore in questo film è davvero straordinaria, capace di manifestare rigorosità, dolcezza, con un portamento mascolino e al tempo stesso con uno sguardo e una freschezza che fanno vibrare i sentimenti, fino al suo ultimo respiro, con un corpo tutto sofferente e un carattere combattivo per i diritti omosessuali. Il collega è interpretato da uno straordinario Michael Shannon, molto bravo nel mostrare il dramma interiore di un uomo che dal diniego iniziale si apre poi a una vera e propria alleanza solidale con la coppia, esponendosi contro i colleghi, i quali, anche loro, dopo un iniziale diniego, seguono l’onda della rivendicazione, a parte qualche ostinato omofobo.
Che dire, funziona tutto a meraviglia, ma manca qualcosa. Qui si cerca di calibrare la dimensione privata degli affetti con quella pubblica della politica, eppure la sintesi che ne esce è un po’ raffazzonata, con l’esito che la politica, più che impegno combattivo, diventa spettacolarità stucchevole e cerimoniosa di una storia realmente accaduta e che ha iniziato a cambiare la condizione di tanti e tante omosessuali, per una lotta non ancora conclusa. Al tempo stesso gli affetti omosessuali si stemperano in un’ovattata labilità atona che, se non fosse per l’interpretazione della Moore, potrebbero essere riassunti nella scarsa empatia profusa dalla Ellen Page, interprete di Stacie. Il film è dotato di una buona interpretazione, di un’eccellente fotografia, musicalità e gioco agile di registri diversi (7), ma la sintesi tra affetti e politica scricchiola, e per celare le sue mancanze si fa sentire a suon di slogan, sfioranti la retorica, senza incidere, più di tanto, nella carne viva.
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