Regia di Lav Diaz vedi scheda film
32 TFF – TFFDOC – FUORI CONCORSO
Torna Lav Diaz dopo il Pardo a Locarno. E torna con il primo capitolo dedicato ad una catastrofe naturale che incombe puntualmente sulle Filippine: le piogge torrenziali che creano alluvioni e smottamenti, rovine e distruzione, morti e fame ovunque.
La cinepresa fissa e contemplativa del maestro di Manila si sofferma, con le consuete lunghissime riprese, dapprima sulle piogge torrenziali che funestano le zone urbane già caratterizzate di per sé da costruzioni fatiscenti e pericolanti. L'ondata di pioggia ingrossa i fiumi che portano verso il mare, e dunque in città, rifiuti e detriti sempre più grandi che ostruiscono i corsi d'acqua dando luogo a straripamenti, disagi e tragedie.
Passata la tempesta, la pioggia che la fotografia splendida costantemente in bianco e nero rende torva e nera come a preannunciare un ennesimo cataclisma, col ritorno dei primi raggi di sole, il regista si guarda intorno e il suo occhio si concentra o vede solo piccoli esseri viventi, bambini che escono dalle tane e dai rifugi per iniziare un lavoro imperterrito di ricerca tra le macerie: scavi, minuziose opere di selezione di ammassi senza forma di detriti che gli stessi osservano, toccano, modificano, valutano e, se del caso, trattengono e mettono da parte.
Il dramma e la tragedia, la vita di stenti e di povertà che tuttavia non si arrende alla autocommiserazione ma si fa forza di una volontà di sopravvivenza che lascia interdetti.
Il cinema di Lav Diaz affascina e ipnotizza facendo perdere la cognizione del tempo e dello spazio, trasportandoci in luoghi a noi lontani e rendendoci spettatori attoniti e comunque coinvolti nonostante la sospensione temporale e narrativa, sostituita dalla potenza delle immagini e dalla folgorante forza emozionale di una fotografia granitica e fosca che diventa caratteristica inimitabile ed unica di questo grande autore.
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