Regia di Danilo Monte vedi scheda film
C’è una trama che si ripete con variazioni minime nei racconti di chi è stato a Genova, durante il G8 del 2001: la festa, i canti, le mani bianche al cielo, poi le cariche, i manganelli, le botte, per qualcuno il carcere, per qualcuno la Diaz, per la maggioranza un ritorno a casa con il morale e l’anima in frantumi. Danilo Monte e Timothy Ormezzano non fanno eccezione: al primo è andata bene (neanche un livido, almeno esteriore), il secondo ha passato quattro giorni in carcere con il corpo coperto di contusioni e ferite. Dal 22 luglio 2001 il materiale audiovisivo raccolto e prodotto su Genova si è sommato in una mole considerevole, ma Monte e Ormezzano non scelgono la strada documentale della ricostruzione impersonale, piuttosto utilizzano il mezzo cinematografico come strumento per circoscrivere, indagare e forse superare il trauma. In Ottopunti si vede solo la Genova di oggi: strade tranquille in un’estate qualunque, vicoli affollati di turisti chiassosi, il porto, la Lanterna, le colline. La Genova del summit e del social forum è affidata alle voci, a frammenti di cronache radio, alle testimonianze di Timothy e di suo padre. Per loro e per molti è la toponomastica stessa del capoluogo ligure a infliggere, ogni volta, ferite, e Genova non tornerà mai a essere altro che una Babele capovolta di speranze e diritti calpestati. Perché la cicatrice non si sana? Non è chiaro se esista una risposta, ma continuare a cercarla è, per loro e per molti, l’unica possibilità che resta.
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