Regia di Jean-François Richet vedi scheda film
Messosi in testa di azzerare la propria esistenza, chiudendo i conti con un passato di carcere, droga e sbornie, Link si è messo a fare il tatuatore, vive in una comunità di recuperati, e tutto pare, seppur faticosamente, avere un'aura di normalità, finchè la figlia diciassettenne del protagonista non si inguaia, essendosi messa con un giovane rampante di un cartello della droga messicano, e sotto pressione fa partire un colpo che cambia tutto. Era dal 2012 che Mel Gibson non girava un film come attore principale, e comunque gli ultimi due ruoli da protagonista sono stati molto simili a questo: un uomo invecchiato ma ancora carico di furore, che si ritrova coinvolto di malavoglia in brutti affari, per proteggere, o vendicare, ragazzi, e usa ogni mezzo per non farsi sopraffare. Tratto da un romanzo di Peter Craig, prodotto in Francia, sebbene ambientato in Messico e States, diretto dal francese Jean-Francois Trichet, "Blood father" è stato presentato all'ultimo festival di Cannes, fuori concorso, e qui non si sa ancora se guadagnerà l'onore della proiezione in sala: va detto che la logica è quello dell'action di oggi, in cui non ci si perita di essere brutti, sporchi e cattivi, e pur di portare a casa la pelle, non c'è codice etico che tenga, vince chi è più feroce. La storia non è nuovissima, in ottantotto minuti si ha modo di assistere ad un racconto di fuga per la sopravvivenza, finchè non viene l'inevitabile momento in cui si deve fronteggiare il pericolo, e arriva una violenta resa dei conti. Pur con la voce di Claudio Sorrentino sonoramente in là con gli anni, Mel Gibson non nasconde rughe e segni del tempo, e conferma, una volta di più, di essere stato il migliore a recitare dei duri hollywoodiani dagli anni Settanta in poi: è soprattutto per lui, che "Blood father" si fa vedere, pur con molti passaggi prevedibili, e per la carica comunque umana che imprime al suo uomo sbagliato, ma fieramente in piedi.
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