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Blood Father

Regia di Jean-François Richet vedi scheda film

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La recensione su Blood Father

di supadany
4 stelle

26 Noir in Festival (Como/Milano).

Nella carriera di un regista un deragliamento può passare inosservato, ma quando ne segue precocemente un altro, allora qualche preoccupazione potrebbe anche sorgere spontanea.

Così, Jean-François Richet, in soli due anni – Un momento di follia e appunto Blood father – si è giocato gli enormi crediti accatastati nel 2008 con il dittico Nemico pubblico n.1 sul gangster Mesrine.

Due film lontani in tutto, ma proprio Blood father delude maggiormente, dato che rientra in canoni più consoni al regista.

Dopo una rapina finita nel sangue, Lydia (Erin Moriarty) si trova in fuga, inseguita dai suoi ex complici che la vogliono uccidere. Nel pericolo, è costretta a chiamare, dopo tanto tempo, suo padre John Link (Mel Gibson) che, nell’estremo tentativo di aiutarla, finisce anch’esso sotto il tiro di un cartello criminale.

Mentre cerca una (im)possibile soluzione, John deve affrontare frontalmente una serie di nemici, anche inattesi, sempre più agguerriti poiché è stata messa una taglia cospicua sulla testa di Lydia.

 

Erin Moriarty, Mel Gibson

Blood Father (2016): Erin Moriarty, Mel Gibson

 

Per un padre, una figlia rimane sempre ciò che di più prezioso esista e, nel momento del bisogno, un passato di lontananza è cancellato in un attimo, anche se i guai hanno dimensioni cubitali. Se necessario, sporcarsi le mani non è un problema – di sicuro, non lo è per il protagonista – e insieme possono anche imparare qualcosa, come a convivere prima di tutto con se stessi per riuscire ad andare avanti.

Mel Gibson back in action in un film che a livello di testosterone riporta la memoria agli anni ’80, una specie di Commando, semplicemente con una figlia sistemata in una posizione diversa.

Si potrebbe aggiungere che la sceneggiatura avrà pure più variazioni ma anche meno punti saldi, semplicemente i cattivi di turno spuntano fuori dai cespugli come le lumache dopo un temporale estivo.

Da prendere, e portare a casa, oltre alla regia nervosa di Jean-FrançoisRichet che, nelle scene d’azione, offre un dinamismo concitato frutto di abilità per niente comuni, rimane il vecchio Mel Gibson nel ruolo di un tatuatore rugoso, ex in tante cose: padre, alcolista e galeotto.

Per dirla tutta, anche il resto del cast vanterebbe interpreti da utilizzare a proprio vantaggio - Diego Luna (eroico in Rogue one), l’ambiguo Michael Parks (affabulatore mentalmente deviato in Tusk) e William H. Macy (Shameless), quest’ultimo nei dintorni dei suoi minimi storici - ma il format da b-movie incallito sembra non consentire di guardare oltre la retta principale, come se indossasse un paraocchi.

Così, una discarica di umanità, con i buoni praticamente limitati a un ragazzo che lavora in un motel, alcuni discorsi in mezzo al nulla del deserto (lo scenario privilegiato) e la costante sensazione di pericolo, come una mosca che sta per essere schiacciata contro un parabrezza, sono coordinate salienti che però possono influire solo fino a un certo punto.

Blood father rimane un film con troppi nomi di spicco per essere accettato come semplice prodotto usa e getta da novanta minuti a cervello staccato, con troppe cadute di stile plateali che inficiano il risultato finale, cui sarebbe bastato giusto un minimo di accortezza per arrivare tranquillo alla meta.

Come sbagliare un gol a porta vuota.   

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