Regia di Atom Egoyan vedi scheda film
Zev (Christopher Plummer) era un anziano americano che viveva insieme alla moglie Ruth, gravemente ammalata, in una casa di riposo. Dopo la morte da tempo annunciata di lei, egli, che soffriva di demenza senile, era ancora più smarrito, disorientato, nonostante le affettuose visite del figlio e dei nipotini. Solo la salda amicizia del vecchio Max (Martin Landau), suo compagno in quella clinica, ebreo come lui, semi-paralizzato ma ancora molto lucido, stava diventando il sostegno necessario per ritrovare se stesso. Purtroppo ritrovare se stesso non era facile per Zev, poiché il suo passato era legato, come quello di Max, agli orrori di Auschwitz che egli aveva cercato di rimuovere. Per evitare che i suoi ricordi venissero del tutto cancellati dall’affievolirsi progressivo della sua memoria, Max aveva continuato a ricordargli quegli anni terribili e si era fatto anche promettere che, alla morte di Ruth, avrebbe accettato di vendicarsi del carnefice che li aveva fatti soffrire, mettendosi in viaggio alla sua ricerca per ucciderlo. Il viaggio del vecchio alla ricerca dell’aguzzino è, infatti, il cuore del film: si trattava di smascherare il vero il carnefice, che aveva assunto false generalità, fra quattro persone che si chiamavano come lui.
“Movesi il vecchierel canuto et bianco”, dunque, facendo trepidare la sua “famigliuola sbigottita”* che lo cerca affannosamente, nonché gli spettatori che, commossi per la fragilità dell’uomo, la sua confusa agitazione, il suo tremore, si convincono che Max, rimasto a dirigere per telefono gli spostamenti rischiosi dell’amico, sia davvero un cattivo soggetto che nasconde qualche mira losca. Il finale, molto sorprendente, metterà in chiaro le cose e ci convincerà di aver visto un thriller alquanto banale, per realizzare il quale il regista ha utilizzato , senza imbarazzo, l’Olocausto: non se ne sentiva davvero il bisogno. Il film, pertanto, è molto deludente: un vero peccato, perché gli attori sono tutti molto bravi e Plummer, superlativo, riesce a rendere quasi credibile una vicenda del tutto inverosimile.
*la citazione è dal sonetto XVI del Canzoniere petrarchesco.
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