Regia di Atom Egoyan vedi scheda film
Il braccio e la mente: un piano per farsi giustizia unisce due vecchi uomini ebrei, uno compromesso nel fisico, l'altro nella mente, alla ricerca dell'aguzzino che ha sterminato le rispettive famiglie. Un viaggio alla ricerca della verità, che sarà molto diversa da quella intuita, e frutto di un diabolico complotto meditato con grande cura.
FESTIVAL DI VENEZIA 2015 - CONCORSO
Se il titolo dell'ultima fatica cinematografica (in ordone temporale) del celebre autore armeno-canadese Atom Egoyan portasse con sè un punto esclamativo, sarebbe risultato a mio avviso ancora più pertinente: un "ricorda!" che è quello che l'anziano protagonista vorrebbe auto-imporsi nel momento in cui si risveglia dai suoi frequenti torpori senili, ritrovandosi completamente smemorato, legato solamente al filo dei ricordi di una vita familiare e matrimoniale lunga settant'anni con la compagna di vita Ruth, recentemente scomparsa.
Nella casa di riposo in cui è ricoverato l'uomo da qualche mese, egli ha fatto amicizia con un coetaneo ebreo, fisicamente più compromesso del nostro uomo, ma cerebralmente molto più lucido del protagonista.
Seguiamo pertanto il nostro Zev mentre si appresta a seguire le tracce di un piano da tempo condiviso con il suo amico infermo: costui gli ha studiato un programma in cui l'uomo deve mettersi sulle tracce di un uomo: o meglio di ben quattro persone che portano le stesse generalità, per verificare ed appurare chi dei quattro è il gerarca nazista sopravvissuto ai processi e alle condanne in seguito alla caduta del regime nazista: i due vecchi infatti, e lo notiamo anche dal numero che entrambi portano tatuato su un braccio, arrivano dal campo di sterminio di Auschwitz, scampati, per quel che ne deduciamo, dalle infami brutalità perpetrate a tutto un popolo.
Il piano di Zev subisce qualche intralcio a causa delle amnesie sempre più frequenti che lo colpiscono, ma tuttavia l'uomo riesce a incontrare uno ad uno gli interessati, comprendendo, per quanto riguarda i primi tre, che si tratta di omonimi, e dunque innocenti.
Il quarto uomo invece si rivelerà essere il mostro del passato, celato perfettamente in un contesto astutamente cammuffato. Ma le sorprese non sono affatto finite.
Egoyan ed il thriller vanno spesso a braccetto, e notevole è stato, soprattutto in passato, l'approccio dell'autore verso questo genere, circostanza che ha permesso e permette al bravo autore di sviscerare le sue ossessioni più pressanti: la maniacalità e la perversione incontrollabili e letali insite nell'uomo (vedere Exotica su tutti), l'innocenza della gioventù, che a volte si trasforma in peccaminosa ed eccentrica tentazione verso gli istinti più inconfessabili, la mostruosità che vive all'interno dell'uomo e che lo spinge a perpetrare eccidi e stragi senza pietà e senza remore alcune. (le stragi degli ebrei o degli armeni).
Dopo un decennio un pò sottotono, e subito dopo quel The Captive - Scomparsa, che ci ha restituito un autore comunque notevole con tutte le sue ossessioni, quasi (e ribadisco quasi) ai livelli sublimi degli anni '90, Egoyan riappare in Concorso a Venezia con questo thriller bizzarro e molto costuito, lambiccato e quasi inverosimile, che peraltro affronta un tema (la caccia ai nazisti sopravvissuti e scappati alla detenzione e ai processi) già trattato da opere letterarie e cinematografiche a volte di gran valore.
La vicenda parte in tono un pò scanzonato, prosegue in modo apparentemente bislacco e maldestro, per poi svelare nel suo finale le vere carte di un piano machiavellico in cui vittime e predatori dimostrano di appartenere alla stessa razza, diabolicamente, seppur sottilmente differente, efferata e controversa.
A rendere il film, a tutti gli effetti curioso e molto in linea e coerente con la cinematografia dell'autore, un'opera riuscita ed efficace, contribuiscono molto gli attori "maturi" che compongono il cast: Christopher Plummer e Martin Landau (quest'ultimo uno dei miei attori preferiti in assoluto dai tempi di Spazio 1999) su tutti, ma pure Bruno Ganz e Jurgen Prochnow.
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