Regia di Naomi Kawase vedi scheda film
Sentaro gestisce un piccolo chiosco in cui vende dorayaki, tipici dolci giapponesi composti da due piccoli pancake farciti con l'anko salsa a base dei fagioli rossi azuki. Un giorno si presenta al suo chiosco Toku una dolce vecchina, affascinata dai ciliegi in fiore che avvolgono il piccolo chiosco, e si offre come collaboratrice. Nonostante un’iniziale riluttanza Sentaro accetta e scoprirà non solo la ricetta perfetta dell'anko ma anche la dolorosa storia che si cela dietro le deformazioni delle sue mani.
È incredibile quanto questo film riesca a dire poco pur raccontando molto. È evidente che la ricetta dell'anko, ingrediente di scarsa qualità nella produzione dei dorayaki di Sentaro, sia solo una scusa per presentarci la signora Toku, il suo passato e soprattutto la storia, terribile, delle sue mani e di quelle deformazioni che ne hanno condizionato l’esistenza.
Naomi Kawase utilizza tre personaggi accomunati da una caratteristica peculiare: l’individualismo. Sentaro, Toku ma anche la giovane Wakana, studentessa che ogni pomeriggio fa merenda con i dorayaki nel chiosco di Sentaro, sono solitari e introspettivi. Hanno un’esistenza ardua in cui prevalgono svariate difficoltà che finiscono per equipararne la sofferenza d’animo.
Sentaro è un ex detenuto che ha contratto un debito, apparentemente insolvibile, con la padrona del chiosco; vive schiavo dell’alcool e senza prospettive. Wakana vive con una madre prepotente ma assente, ha come amico solo un uccellino in gabbia, simbolismo piuttosto evidente, ed è incapace di instaurare rapporti con le sue coetanee. Toku è vedova da anni, vive in un luogo di emarginazione, ha un passato inenarrabile eppure dei tre è senza dubbio la più speranzosa.
Il film della Kawase ha le caratteristiche di un’opera incompleta; ha voglia di narrare molte cose, di mettere in luce gli aspetti più angoscianti della vita moderna nipponica, conseguenza di una politica intransigente che da anni domina il paese. Una pellicola che parte con le migliori intensioni ma che si perde nelle difficoltà di raccontare concretamente situazioni impossibili da condensare in pochi minuti.
Questa frammentarietà di argomenti crea nello spettatore quel senso di incompiutezza di cui sopra, che ne condiziona la buona riuscita totale.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta