Regia di Antonello Belluco vedi scheda film
Forse è meglio mettere da parte le contrapposizioni ideologiche sul film di Antonello Belluco, che racconta i fatti dell’eccidio di Codevigo, paese della bassa padovana, protagonista nella primavera del 1945 dell’esecuzione da parte dei partigiani, dopo un processo sommario, di più di un centinaio tra militanti della Guardia nazionale repubblicana, delle Brigate nere e di civili anonimi. Perché il tentativo della sceneggiatura, scritta con il senno di poi dal regista insieme a Gerardo Fontana (ex sindaco di Codevigo, recentemente scomparso), non è tanto di raccontare minuziosamente quell’eccidio, quanto di disegnare un ritratto idilliaco della vita che scorreva nella campagna veneta dove la natura era la vera padrona, non certo i fascisti o i nazisti verso cui il regista non risparmia più di un accenno ironico (il cane che fa il saluto romano). Anche se poi l’ingresso dei partigiani comunisti ravennati si fa estremamente caricaturale, poco credibile, e rivelatore di un certo disprezzo, omologo a quello denunciato dal film nei loro confronti. Il regista fa i salti mortali per dare un taglio cinematografico al suo lavoro, usando (e abusando di) montaggio alternato, ralenti, crescendo musicale. Poi, però, basta l’ingresso di Romina Power (che recita in uno pseudoveneto) a smontare tutta la finzione della messa in scena e a lasciare il passo a un umorismo così involontario da diventare stracult.
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