Regia di John McTiernan vedi scheda film
Nel 1988 usciva al cinema un action movie atipico, insolito per il suo umorismo e diretto con solida mano da un esperto del genere come John McTiernan e che lanciava la carriera di un attore televisivo misconosciuto, e noto soprattutto come comico, nell’improbabilissimo ruolo di eroe action col nome di Bruce Willis.
Basato sul romanzo Nothing Last Forever di Roderick Thorp pubblicato nel 1979, in Italia uscito con il titolo di Nulla è eterno e rieditato come Die Hard solo dopo il successo del film, in realtà seguito di The Detective, altro romanzo di Thorpe scritto nel 1966 e che aveva avuto una omonima trasposizione cinematografica nel 1968 (in Italia con il titolo di Inchiesta pericolosa) con Frank Sinatra a interpretarne il protagonista.
Agli inizi degli anni’80 Nothing Lasts Forever era stato opzionato da Clint Eastwood, intenzionato originariamente a dirigerlo e a interpretarne il protagonista, e la sceneggiatura fu affidata alla coppia Jeb Stuart (che si occupò principalmente di ridefinire il protagonista) e, soprattutto, Steven E. DeSousa, probabilmente non riverito al pari di Shane Black ma autore di pietre miliari come 48 Ore, Commando e lo stesso Die Hard e quindi creatore, quanto e (forse) più del suo emerito collega, dell’action iconico e post-moderno assurto poi a simbolo dei rampanti anni’80.
Con il successivo abbandono di Eastwood si è quindi aperta la caccia al ruolo da protagonista che, negli anni, ha coinvolto nomi del calibro di Sylvester Stallone, John Travolta, Harrison Ford, Mel Gibson, Richard Gere, addirittura Robert De Niro o anche Al Pacino, oppure Burt Reynolds, Nick Nolte, Charles Bronson, Don Johnson e Michael Marsden ma tutti, per un motivo o per l’altro, finirono per rinunciarvi.
La svolta arriva però subito dopo e data la difficoltà di ingaggiare attori di un certo nome si decise di raggirare il problema cambiando le caratteristiche principali del protagonista, inizialmente eroe tutto di un pezzo, un duro super-esperto di stampo militarista e che all’epoca andava per la maggiore, e di trasformarlo invece in un eroe per caso, un uomo (quasi) comune che si trovava semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato.
E a quel punto spuntò fuori come per magia l’opzione di un giovane commediante reduce dall’ottimo successo in TV con Moonlightning e dal primo ruolo cinematografico di rilievo come protagonista di Appuntamento al buio con la regia di Blake Edwards, che rispondeva al nome di Bruce Willis e che da qui inizierà un fortunatissimo percorso da action hero all’interno di una carriera comunque importante.
Accanto a lui poi anche un giovane attore teatrale inglese alla suo prima pellicola, Alan Rickman, nel ruolo del cattivo Hans Grueber (omaggio allo scienziato pazzo de Il nostro Agente Flint, film del 1966 con James Coburn) e Bonnia Bedelia nel ruolo della moglie, attrice sponsorizzata proprio dallo stesso Willis.
Dopo il successo del fanta-action-horror Predator dell’anno prima (con Arnold Swarzenegger) il veterano John McTiernan viene infine scelto per la regia del film, bissandone immediatamente il successo e sfornando uno degli action più coinvolgenti, ironici e rappresentativo degli anni’80.
Un successo commerciale ma soprattutto di pubblico che si innamorò immediatamente del film e di un personaggio entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo, apprezzandone i molti cambiamenti e trasformandolo in un archetipo sfruttato successivamente in innumerevoli altre pellicole, lasciando quindi un segno indelebile nel cinema d’azione.
Ma Die Hard è anche una formidabile satira (per quanto nascosta) proprio dei film d’azione hollywoodiani e che con la sua sagace ironia non risparmia niente e nessuno: dalla polizia inetta agli inutili conflitti di interesse tra i vari reparti che ne minano irrimediabilmente l’azione, da giornalisti arroganti e privi di scrupoli ma decisamente idioti fino a terroristi crudeli e veniali che si nascondono dietro a proclami enfatizzanti quanto completamente fasulli a uso e consumo di una televisione enfatica almeno quanto disinformata e pericolosa, dall’esagerazione di armamenti ed esplosivi che arrivano a distruggere un grattacielo (per quello che, alla fine, è semplicemente una rapina) fino a un eroe involontario che si rivela nonostante tutto un Rambo invulnerabile (per quanto sanguinante) e invincibile condito (il tutto) da una marea di effetti speciali, esplosioni e situazioni volutamente inverosimili ma con tantissima ironia a ricordarci costantemente di non prendere la cosa troppo sul serio.
Fondamentale per il successo della pellicola anche l’esperto di effetti speciali Al Di Sarro e il direttore della fotografia Jan De Bont, successivamente regista dalla carriera effimera e successore e promotore, con Speed, proprio di questo genere cinematografico.
Die Hard è stato nominato agli Oscar per gli effetti visivi, il montaggio e il sonoro e nel 2017 è stato scelto per il suo interesse storico a essere conservato nel National Film Registry.
VOTO: 7,5
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