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Trappola di cristallo

Regia di John McTiernan vedi scheda film

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La recensione su Trappola di cristallo

di genoano
8 stelle

Come lupi nell'ovile i sequestratori minacciano gli ostaggi nel grattacielo; ma non sanno che c'è anche l'agente John "Yippee-ki-yay" McClane, una sorta di cane da guardia duro a morire e pronto a mozzicarli appena si presenta l'occasione. Ritmo, ironia, tensione e azione a go-go, e nel finale, let it snow! Mitico. Voto 8.

Quando si gioca in casa, spesso si vince, così la Fox, casa produttrice del film, decise di girare "Die hard" nella Fox Plaza, il grattacielo di Los Angeles ove ha sede la compagnia; tra le mura amiche il cast ce la mise tutta, tanto che nelle realistiche scene d'azione c'è chi è rimasto mezzo sordo e chi mezzo zoppo, ma ne è valsa la pena perchè ne è venuto fuori uno dei vertici del cinema "action". La trama del best-seller di Roderick Thorpe da cui è tratto, "Nothing lasts forever", viene sfrondata per volontà dell'abile regista John McTiernan degli aspetti più cupi e amari dai maghi delle sceneggiature d'azione de Souza e Stuart; il protagonista viene inoltre ringiovanito e deve salvare non la figlia ma la moglie (interpretata da Bonnie Bedelia). Bruce Willis presta la sua simpatica faccia da schiaffi, tipica di chi non riesce a prendersi sul serio neanche se s'impegna, al protagonista McClane, eroe senza paura ma non senza macchia, dal momento che la sua canottiera sporca di sangue, fuliggine, polvere da sparo e frammenti di vetro gareggia con la maglietta di "Trinità" per il titolo di indumento più zozzo della storia del cinema. E' un po' un Rambo da interni, un po' un folletto irlandese che si materializza per fare dispetti letali e poi sparisce, un po' Ulisse che, chiuso nella grotta con Polifemo, gioca d'astuzia e aspetta che questi abbassi la guardia per infilargli un tizzone ardente nell'occhio, o da qualche altra parte. Il suo antagonista, il cinico, intelligente e sarcastico villain Hans Gruber, interpretato dal fuoriclasse Alan Rickman, gli chiede in maniera sprezzante se si sia messo in testa di fare come gli eroi dei film western; la risposta chiarisce la poetica del film: l'eroe è sì uno sceriffo lasciato solo contro una banda di malviventi come Gary Cooper in "Mezzogiorno di fuoco", ma si sente più Roy Rogers, lo scanzonato cow-boy canterino del cinema e della tv che con la sua chitarra portava allegria nelle dure vicende del West, e per questo ne riprende la tipica esclamazione "Yippee-ki-yay" (poi aggiunge dell'altro, che non si può ripetere). Nel film si può rinvenire una vena di satira preziosissima; i bersagli sono: le autorità, ottuse, impreparate di fronte all'emergenza, avventate, tali da lasciare sempre solo il cittadino di fronte al pericolo (solo l'umile agente dalla merendina facile interpretato da R. VelJohnson sostiene, via radio, McClane); il giornalismo a sensazione, che invece di aiutare la gente informandola correttamente la espone ad ulteriori pericoli; infine la finanza, coi suoi yuppies spregiudicati, bluffatori e kamikazen (era fresco il ricordo del "lunedì nero" di Wall Street del 1987). Nell'azzeccatissimo finale la classica canzone invernal-natalizia "Let it snow! Let it snow! Let it snow!" (nella versione originale del 1945 cantata da Vaughn Monroe), entra in sintonia coi sentimenti dei personaggi al centro della scena e in curioso contrasto con le scene di devastazione sullo sfondo, e riesce nel piccolo prodigio di fare di "Die hard" non solo un classico dell'action con tanta violenza e ancor più ironia, ma anche, sorprendentemente, un film natalizio.

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