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Il diritto di uccidere

Regia di Gavin Hood vedi scheda film

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La recensione su Il diritto di uccidere

di champagne1
7 stelle

E tu per una sola vita sacrificheresti quella di altre 80 persone?

L'intelligence anglo-americana ha individuato una abitazione a Nairobi dove si trovano tre dei terroristi maggiormente ricercati del Medio Oriente e due aspiranti Kamikaze. C'è l'occasione di eseguire un bombardamento "intelligente" con un drone, ma si pongono una serie di problemi:

1) i terroristi sono cittadini britannici e statunitensi convertiti;

2) il Kenia è un Paese alleato, non nemico;

3) la probabilità di avere danni fra i civili è molto alta.

Quale decisione prendere?

 

Il premio Oscar Gavin Hood torna a proporre un film di grande attualità. Se in Rendition - Detenzione Illegale lo spettatore era posto di fronte alla questione etica della pratica della tortura da parte delle istituzioni per fronteggiare la minaccia terroristica, qui il tema si allarga agli atti di guerra complessivamente, in cui si tollera anche un coinvolgimento - spesso indiscriminato - della  polazione civile, usando l'eufemismo del cosiddetto "danno collaterale".

 

 

Un superbo cast riesce a riportare la questione anche alle sue radici di visione filosofica (vedi la differenza fra l'approccio pragmatico degli USA rispetto a quello più sofferto e dibattuto degli inglesi) come anche alla profonda divergenza fra l'ambito militare (Helen Mirren e soprattutto Alan Rickmann alla sua ultima interpretazione) e quello politico.

 

Vengono presi in considerazione tutti gli aspetti della vicenda, da quelli di stampo legale (imparo che un consulente legale partecipa e può influenzare le decisioni intraprese nelle sale operative?!?) a quelli di tipo propagandistico (fa più danno se su Youtube compare il filmato della bombardamento di una città o se i terroristi riescono a proseguire indisturbati i loro propositi?).

 

 

Quello che resta alla fine della visione è che ormai psicologicamente abbiamo abdicato ad ogni altra opzione che non sia l'idea di fare guerra. Epperò la guerra deve svolgersi il più lontano possibile dalle case occidentali, in modo da non disturbare la nostra consueta vita di consumatori.

Salvo piangere poi qualche lacrima effimera sull'ennesimo bimbo estratto dalle macerie fumanti.

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